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Capolavori, opere uniche e multiple, copie e copie di copie. Cosa è l’arte contemporanea se non un grande gioco dove a vincere è il più bravo a vendere nonché a mischiare le carte?
E di manipolazioni ne sa qualcosa il gallerista Arturo, affascinante quanto astuto nel coltivare vecchi talenti e nello scovarne di nuovi. Operazione che poco gli riesce quando deve trattare con l’affermato Renzo, quintessenza dell’artista tutto genio e sregolatezza. Quanto l’uno è diplomatico e calcolatore, tanto l’altro irascibile e indisponibile a scendere a patti con il mercato. Nonostante le enormi differenze sono amici per la pelle, e in nome dell’amicizia insieme affrontano l’impensabile.
A due anni di distanza dall’acclamato Il cittadino illustre presentato con successo in concorso proprio a Venezia, Gaston Duprat torna dietro la macchina da presa per realizzare una commedia scritta dal fratello Andrés e questa volta lo fa da solo, spezzando la collaborazione pluriennale con Mariano Cohn.
Non che la separazione pesi molto sul film, che mantiene intatti la leggerezza e il passo ironico che caratterizzavano Il cittadino illustre. Ad essere venuta meno è semmai la profondità dell’opera precedente, in grado di divertire e al tempo stesso far riflettere sul ruolo dell’artista, sulla vecchiaia, sul senso della vita.
Mi obra maestra brilla molto in superficie ma è un dipinto che non nasconde sottotesti, dietro il primo strato di vernice non si trovano insomma colori diversi o figure abbozzate e abbandonate. Non siamo dalle parti di The Square con i suoi molteplici significati, qua gli obiettivi da attaccare sono chiari: i mercanti e gli artisti in vena di prendersi beffe di collezionisti e ricchi investitori.
Mondo da cui stare alla larga e tuttavia del quale ridere sentendosene al sicuro lontani. Le battute folgoranti infatti non mancano. Gli scontri tra Arturo e Renzo, i bravi e molto noti in patria Guillermo Francella e Luis Brandoni, sono fuochi d’artificio e compensano ampiamente l’assenza di complessità.