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Il frutto della tarda estate
Dall'alba al tramonto sul finir dell'estate tunisina, in un bellissimo frutteto, donne giovani e anziane (e un paio di ragazzi) raccolgono fichi faticando senza tregua. Nel mentre raccontano e si raccontano, parlando soprattutto d'amore. Postano su Instagram e contemporaneamente controllano che il velo stia al posto giusto, talvolta flirtano col datore di lavoro.
Poi ancora litigano e si riappacificano tra di loro o con il capo, gli argomenti in ballo nelle discussioni sono matrimonio, soldi, comportamenti, gelosie, futuro. Le più giovani sono studentesse che durante la chiusura estiva delle scuole lavorano per pagarsi gli studi, aiutare le famiglie o mettere da parte denaro in vista del matrimonio; le più anziane, oltre che per necessità economiche, nel frutteto grazie alla loro incomparabile esperienza trovano l'unica possibilità di avere un ruolo nella società che le vorrebbe ai margini.
Un unico luogo, un unico giorno: per Erige Sehiri, al suo esordio nel cinema di finzione dopo aver diretto il pluripremiato documentario Railway Men (2018), non serve altro per narrare la situazione della Tunisia del giorno d'oggi, dove il patriarcato regna ancora sovrano ma incontra la resistenza di una sorellanza sfilacciata, spaccata tra modernità e tradizione persino tra le più giovani e dove inevitabilmente il conflitto generazionale segna una divisione tangibile e apparentemente invalicabile.
La giovanissima Merek vive un amore tormentato per Abdou, adolescente anche lui ma già impastoiato in dinamiche familiari che non gli consentono di immaginare un futuro dignitoso con lei. Sana, diciassettenne, ama Firas, e spinge per piegare il suo essere un ragazzo moderno nel solco delle usanze più antiche. Le donne più anziane si straziano per amori mai vissuti a causa dei matrimoni combinati, oppure piangono un marito morto seppur mai veramente amato.
Non occorre mostrare la città per raccontare l'evoluzione del Paese: “Non c'è alcun segno di modernità in natura; è in queste donne, e specialmente nelle ragazze”, ha dichiarato infatti Sehiri. Al reparto scrittura, oltre alla stessa regista troviamo anche Ghalya Lacroix, co-sceneggiatrice storica di quasi tutti i film di Abdellatif Kechiche (La schivata, Cous cous, La vita di Adèle, Mektoub, My Love: Intermezzo, Mektoub, My Love: Canto Uno) e Peggy Hamann.
Il frutto della tarda estate è coprodotto da Tunisia, Francia e Svizzera e ha debuttato alla Quinzaine des Réalisateurs dell'ultimo Festival di Cannes. Scelto per rappresentare la Tunisia agli Oscar come Miglior Film Internazionale, è stato selezionato in decine di festival in tutto il mondo, è stato premiato al workshop Final Cut alla Mostra del Cinema di Venezia. Il ritmo è lento, indolente come una calda e soleggiata giornata mediterranea, in cui i movimenti si fanno faticosi ma la mente e il cuore corrono veloci. Sotto e sopra gli alberi si consuma una giornata lavorativa che concentra sogni e speranze del passato, del presente e dei giorni a venire di un intero Paese.
Un indie rurale in cui la bellezza della natura regna sovrana e che strizza tantissimo l'occhio all'universo documentaristico da cui proviene Sehiri, rimarcato dalla scelta delle attrici e degli attori (tutti esordienti non professionisti, tutti molto calati nella parte) e dall'uso costante della macchina a mano che esplora volti, sguardi e gesti creando un'immediata intimità con i personaggi, inseguendoli mentre avanzano con il pesante raccolto tra i rami bassi degli alberi o mentre si arrampicano tra le fronde alla ricerca del frutto più maturo.