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Un mondo magico con una luna sempre piena e acquarellata, palme verdi, deserti, fitti boschi e sontuosi palazzi… nel film diretto da Mario Tronco e Gianfranco Cabiddu l’intero universo del Flauto Magico mozartiano è racchiuso nel perimetro di piazza Vittorio, luogo simbolo della Roma multietnica.
A quasi 10 anni dal debutto de Il Flauto Magico secondo L’Orchestra di Piazza Vittorio, la rilettura del celebre Singspiel da parte della più grande orchestra multietnica d’Europa approda al cinema, mantenendo la sua cifra gioiosa e lasciando in evidenza la contaminazione culturale e musicale.
Estremamente rapsodico (anche troppo) ma irresistibilmente fantasioso, Il Flauto Magico di Piazza Vittorio travolge con il suo mix di lingue (ben otto), suoni e colori ed esalta la dimensione giocosa e colorata che caratterizza la reinterpretazione firmata dall’Orchestra. Tra reggae, dance, pop e jazz si dipana la vicenda, e se il motivetto del flauto di Pan di Papageno si trasfigura nella ripetitiva suoneria di un cellulare, la celebre aria della Regina della Notte sfocia in un sirtaki.
Alterata in alcuni punti la trama dell’opera originale, è conferito un maggiore margine di azione alle figure femminili: a Pamina viene dato un ruolo determinante nello svolgimento della storia, e se Papagena viene del tutto taciuta è probabilmente per non relegarla a semplice premio per Papageno.
Le ambientazioni sono tanto fantasiose quanto eterogenee e set tridimensionali si confondono con fondali dipinti e collage bidimensionali, per arrivare all’estremo della sequenza in cui Papageno e Tamino diventano parte di un coloratissimo videogioco. Il Flauto Magico di Piazza Vittorio crea così un mondo intrigante che si rivela ancor più interessante per la sua sapienza nello sfruttare al massimo ogni angolo dei giardini della piazza.
La recitazione è talvolta molto caricata e altre volte decisamente più naturale, con le differenze tra gli attori-musicisti che si combinano bene in questo strano mondo che sa di fiaba e gode della diversità, nel frattempo attingendo al passato, al presente e a un futuro rétro, al qui e al lontano.
Il Flauto Magico di Piazza Vittorio evidenzia gli aspetti esoterici del libretto dell’opera sfruttando la suggestione della Porta Alchemica dei giardini della piazza, animando così questo monumento misterioso e forse dando un’ulteriore giustificazione alla necessità di ambientare l’opera intera dentro la piazza: che la ricetta per trovare l’oro, e la felicità, sia proprio quella della compenetrazione e contaminazione tra popoli e culture?