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Scarlett Johansson in
Il diario di una tata
Il futuro del mondo è nelle mani delle donne, e non parliamo di Hillary e Condoleeza, ma dei demoni che vestono Prada e delle mamme dell'Upper West Side. Merito senza dubbio del grande successo dei molti Chick Flick (tradotto letteralmente "romanzetti per pollastrelle") che negli ultimi anni hanno preso d'assalto gli scaffali delle librerie. Il fatto è che sono tutt'altro che romanzetti, ma veri e propri trattati di sociologia, neanche tanto spicciola, che mostrano chiaramente la china sempre più nevrotico-esistenziale che le donne desiderose di diventare importanti stanno prendendo. Il diario di una tata rientra perfettamente in questo nuovo genere del cinema americano e il fatto che sia diretto, con mano divertita ma ancora un po' acerba, dalla coppia Shari Springer e Robert Pulcini, già autori del geniale American Splendor e cineasti underground di vaglia, fa capire ulteriormente quanto questo fenomeno non sia da prendere sottogamba. Scarlett Johansson è una tata perfetta e Laura Linney è sempre una delle migliori attrici americane di questo scorcio di secolo, nei panni della ricca mamma insoddisfatta. Insieme raccontano i drammi di due ceti sociali a confronto, ma soprattutto la confusione che la frenetica vita moderna crea a grandi e piccini. Insomma, se Mary Poppins vivesse ai nostri giorni, chiederebbe un piano previdenziale e l'assistenza medica prima di entrare in casa.