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Gustave Kervern in Asphalte
Un edificio anonimo, grigio palazzo di periferia. Un ascensore che funziona una volta sì e dieci no. Come l'esistenza dei vari condomini, inquadrati (nel vero senso della parola, vista la scelta del formato "quadrotto" di 1:33) da Samuel Benchetrit in Asphalte, questo il titolo originale del film, gioiellino che il Festival di Cannes 2015 ha ospitato come Séance spéciale.
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Scatola entro cui osservare le dinamiche di solitudini e quotidiani nonsense, il film ci racconta la storia di Sternkowitz (Gustave Kervern, uno che - da regista a regista - avrà sicuramente apprezzato il mood dell'opera di Benchetrit), unico tra i condomini a rifiutarsi di pagare per il nuovo ascensore ("in fondo non lo prendo mai, abito al secondo piano") ma che, di lì a breve, è costretto a servirsene per un "eccesso" di cyclette... Il frigo è vuoto, però: Sternkowitz e la sua sedia a rotelle andranno in cerca di cibo di notte, quando il palazzo dorme ed è più difficile imbattersi in qualcuno che possa scoprirlo in ascensore. Sarà l'incontro con la malinconica infermiera (Valeria Bruni Tedeschi) di un ospedale lì vicino a permettergli di fantasticare un'altra vita...
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Nello stesso palazzo vive la signora Hamida (Tassadit Mandi), algerina arrivata in Francia molti anni prima, sola da quando il figlio è finito in prigione. A farle riscoprire il gusto della compagnia arriva, proprio come un regalo dal cielo, un astronauta della NASA (Michael Pitt) tornato sulla Terra seguendo però una rotta sbagliata: spaesamento e difficoltà linguistiche, unitamente al pericolo di qualche fuga di notizie di troppo, non eviteranno però ai due di imparare a conoscersi, colmando quella che - solo all'inizio - sembrava una distanza spaziale...
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Infine il giovane Charly (o Paul, o altri tre quattro nomi che dice in sequenza per presentarsi) - interpretato da Jules, figlio del regista avuto con Marie Trintignant cinque anni prima della tragica morte di lei - adolescente lasciato a se stesso da una madre che non vedremo mai: a dare un senso alle sue giornate ci penserà, del tutto inconsapevolmente, un'attrice decaduta e vagamente naif (Isabelle Huppert), che proprio grazie al ragazzo ritroverà la gioia di recitare.
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Ed è un film, questo di Benchetrit, che fa riscoprire la gioia per l'osservazione, il gusto per la sorpresa, che rischia molto (con l'arrivo dell'astronauta) ma che, proprio per questo, riesce a portare a casa il risultato. Con semplicità e poesia (anche grazie al contrappunto musicale di Raphaël), silenzi e irresistibili momenti di commedia dell'assurdo, tenendo costantemente separati i tre duetti (le varie coppie non si incontrano mai, sfiorandosi solamente nella "condivisione" di qualche rumore o evento esterno), ma saldando in chi guarda la convinzione di assistere, passo dopo passo, ad un piccolo, grande film.