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Il cerchio
290 ore di girato. Cinque anni di lavoro, dal 2015 al 2020: dalla prima alla quinta elementare. Una maestra che tutti vorremmo avere ovvero Francesca Tortora e i bambini (poi diventati ragazzi) dell’Istituto Comprensivo Daniele Manin plesso Di Donato, scuola del primo municipio a Roma.
Prodotto da Indigo Film con Rai Cinema, in collaborazione con Sky Documentaries, Il Cerchio di Sophie Chiarello è l’unico film italiano in concorso ad Alice nella Città ed è un bel documentario non con i bambini, ma sui bambini. Tante le domande e tante le risposte: che cos’è l’amore (“sentivo il cuore forte” o “quando ero innamorato ero depresso perché non riuscivo a dire una parola”), chi sono i migranti (“sono un migrante perché sono nato a Cassino” o “sono egizio italiano”), cosa vuol dire diventare adulti (“mamma e papà si sono separati prima litigavano per qualsiasi stupidaggine”), quali le differenze tra maschi e femmine (“sono i maschi che devono corteggiare le femmine, ma io non so perché la natura ha scelto così”). Ma soprattutto una: chi è Babbo Natale.
I bambini ridono, discutono, si confrontano formando un cerchio immaginario dove insieme si relazionano, si ascoltano e scoprono ogni giorno qualcosa di nuovo l’uno dell’altro. In poche parole: crescono. Parlano di loro, ma parlano anche di noi: degli adulti.
Se il “format” (rendere il mezzo cinema, cioè la macchina da presa, invisibile e spogliarsi dell’apparato tecnico per fare emergere attraverso il tempo lo sguardo dell’altro) non è nuovo, anzi ci sono dei bei precedenti dal documentario di Valerio Jalongo, L’acqua, l’insegna la sete, nel quale i ragazzi dell’Istituto Rossellini di Roma si raccontavano in una sorta di video-diario, ai due doc, quello di Agostino Ferrente e Giovanni Piperno, Le cose belle, sulla vita di quattro ragazzi napoletani e quello di Edoardo Winspeare, Sotto il Celio azzurro, girato in una scuola dell’infanzia al Celio.
A Roma si sa che il Celio e l’Esquilino sono due quartieri limitrofi. Esattamente come confinano anche questi documentari. I protagonisti sono sempre dei bambini, questa volta delle elementari, e vedere il mondo attraverso il loro sguardo spontaneo e senza filtri è (sempre) una meravigliosa scoperta: da vedere e da far vedere soprattutto nelle scuole.