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Il cecchino
Il capitano Mattei (Daniel Auteuil) sta per beccare una gang di rapinatori di banche. Anzi, gli piacerebbe, ma un cecchino (Mathieu Kassovitz) spara dai tetti parigini: poliziotti sull'asfalto, rapinatori in fuga. Ma uno (Luca Argentero) è ferito: cambio di piano, e ricorso a un medico criminale (Olivier Gourmet). Il bottino fa gola, il cecchino viene preso, viceversa, misteri, intrighi e omicidi sono a piede libero, e c'entra pure la guerra in Afganistan.
Prima avventura francese di Michele Placido, è Il cecchino (Le guetteur), fuori concorso al festival di Roma. Nelle nostre sale in primavera con 01 (Rai Cinema co-produce), sono 14 i milioni di euro del budget affidati due giovani sceneggiatori (Cedric Melon e Denis Brusseaux): sì, non è l'Italia.
Chiamato Oltralpe sulla scia di Romanzo criminale, Placido ricorda quello, pensa a Melville e guarda a Olivier Marchal (36 Quai des Orfevres, L'ultima missione): risultato apprezzabile, è un polar senza infamie e qualche lode, con fotografia grigio-bluastra di Arnaldo Catinari, azioni ben girate, troppe sottotrame e ferraglia nello script e una lezione di recitazione - Kassovitz, Auteuil, Gourmet e non solo - all'insegna della sottrazione. Salutare: i nostri attori imparino, non si può, non si deve stare sempre tre metri sopra il cielo. E Placido? La trasferta dai cugini - ci tornerà presto con L'innesto da Pirandello - gli fa bene, e lo aiuta a schiarirsi le idee: nel cinema popolare, ovvero, di genere, è un buon professionista. L'ha detto lui stesso, e gli fa onore. Del resto, l'autorialità non è di tutti e, soprattutto, non è una garanzia.