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Anthony Hopkins è
Thomas Crawford
Old style, sangue esiguo, rovelli interiori e scacchiere psicologiche: per un crime-thriller è molto, e contemporaneamente poco. E' forse proprio una frattura col genere di appartenenza quella a cui fa riferimento il titolo originale, Fracture, personalizzato per il pubblico italiano in Il caso Thomas Crawford. Thomas Crawford, ovvero Anthony Hopkins (che qui e là fa un po' Hannibal Lecter...), uxoricida o forse no per una questione di corna. Toccherà indagare prima all'amante (Billy Burke) della moglie (Embeth Davidtz), il detective Rob Nunally, poi al rampante assistente alla Procura Distrettuale Willy Beachun (Ryan Gosling, ottimo), sulla lama sottile di ascesa professionale e caduta etica. Per entrambi il confine realtà apparenza andrà in frantumi. A differenza del film, che tiene solido, grazie a un cast di alto livello - menzione anche per David Strathairn - e a una costruzione avvolgente ed elegante, merito del regista Gregory Hoblit, avvezzo al legal thriller da Schegge di paura e ulteriormente allenato dai televisivi "NYPD Blue" and "L.A. Law,", e degli sceneggiatori Daniel Pyne e Glenn Gers. Che cosa manca dunque? Il centro, ovvero la parte legal-thriller tout court, a partire dall'ambientazione "a corte": Fracture predilige la via extra-giudiziale, anteponendo l'uomo al codice, nefandezze e talenti particolari all'asettica universalità della Legge. Più che un difetto, una virtù. Chi lo saprà apprezzare?
Per la recensione completa leggi il numero di novembre della Rivista del Cinematografo