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A Palermo, Vincenzo Vetro, quarantenne, lavora di notte al mercato ittico della città. La sua famiglia è composta da Maria, la moglie, e da Giovanni, il figlio di dieci anni, che accompagna spesso il padre la mattina, dopo la scuola, durante i giri per la consegna del pesce. Quest’ultimo incarico, tuttavia, è soltanto una copertura per celare la realtà, e cioè che Vincenzo è un corriere della droga per conto di una cosca locale. La vita domestica dei Vetro, tuttavia, ha del pari le sue inquietudini: l’irrequietezza della madre Maria aumenta di giorno in giorno, sollecitata da misteriose telefonate che sembrano gettare un’ombra sull’integrità del nucleo familiare. All’interno di questa cornice, le circostanze via via sempre più drammatiche costringeranno Giovanni a prendere coscienza delle attività criminose in cui il padre è invischiato e, soprattutto, di un segreto familiare agghiacciante destinato a cambiare per sempre la sua vita.
Liberamente tratto dal romanzo “Figlio di Vetro” di Giacomo Cacciatore, che ha collaborato alla sceneggiatura, Federico Cruciani, una carriera di regista teatrale alle spalle e qui all’esordio dietro la macchina da presa, dimostra una notevole padronanza del mezzo cinematografico e una grande attenzione alla ricostruzione ambientale. La Palermo che si vede o, meglio, che s’intuisce, è quella marginale delle periferie, invernale, plumbea, mentre i toni sono quelli smozzicati e feroci del dialetto siciliano. Colpisce soprattutto la capacità di adattare lo stile al contenuto, con frequenti primi piani colti in interni perennemente in penombra e la steadycam che segue i personaggi alle spalle, coinvolgendoci nelle loro esplorazioni; tutto converge alla definizione di un noir atipico, fatto di solitudini e di periferie sociali, di non-detti e di silenzi, là dove, accanto al cuore dell’attività criminale, l’indicibile e l’inganno sembrano celarsi, come in un gioco di specchi, ancora più a fondo, dentro l’individuo e dentro l’istituzione familiare. Convincente infine Paolo Briguglia nel ruolo di Vincenzo e, a conti fatti, un bell’esordio per l’unico film italiano in concorso ad Alice nella Città.