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Tratto dal romanzo di Victoria Mas, Il ballo delle pazze è la prima produzione francese di Amazon Prime Video e quinto lungometraggio da regista di Mélanie Laurent, qui anche davanti alla macchina da presa e ancora una volta confermatasi erede di quella lunga tradizione di attrici d’oltralpe in grado di reggere un film grazie a un portentoso e magnetico carisma e all’attitudine a dominare la scena col solo potere di una presenza che lascia il segno.
È una storia che Laurent (anche sceneggiatrice con Chris Deslandes) vive con una passione abilmente controllata, scegliendo per sé la parte della deuteragonista e la splendida Lou de Laâge come eroina del racconto, cioè l’acuta e indipendente Eugénie Cléry che in apertura vediamo al maestoso funerale di Victor Hugo.
Una scena che è già una dichiarazione d’intenti, non solo perché del maestro prende l’integrità morale e aggiorna l’inclinazione romantica, ma anche per l’evocazione indiretta di Adele H(ugo), la figlia del romanziere malata di schizofrenia eternata dal capolavoro di François Truffaut (e c’è uno sguardo, verso il finale, che per un istante fa pensare al memorabile incontro tra la sventurata e il regista nei panni di un militare, pur con altri effetti).
Ma, nell’economia narrativa, la partecipazione alle esequie è un modo per far emergere il suo essere fuori posto: da una parte c’è la famiglia che la vorrebbe a casa come tutte le “brave donne” dell’epoca; dall’altra deve dare voce a un mondo interiore che la fa dialogare con gli spiriti dell’aldilà.
Eugénie è letteralmente posseduta da queste presenze, creando disagi all’interno della stessa famiglia che pensa di fare il suo bene chiudendola nell’Ospizio di Salpêtrière, sorta di manicomio passato alla storia per essere stato nel corso del tempo un mosaico infernale della miseria umana.
Affidata alle cure di una severa infermiera (la stessa Laurent), entra in contatto con le donne che popolano la clinica, in larga parte frettolosamente diagnosticate come isteriche e vittime di quotidiani abusi e umiliazioni promosse dal primario, che ipnotizza i pazienti, li sottopone ad atroci e fasulle terapie (il bagno di ghiaccio, per esempio) e organizza un macabro ballo per far divertire la comunità scientifica.
Parte lento, Il ballo delle pazze, pericolosamente in zona polpettone, e poi a poco a poco monta la tensione che è dovuta a un elegante e sostenuto thriller psichiatrico fondato sui conflitti tra libertà e costrizione, libero arbitrio e manipolazione, voci spirituali e moduli scientifici, sottomissione femminile e potere maschile. Più che femminista, è un film allegorico che nello spazio claustrofobico della clinica trasla problemi di una società patriarcale e disinteressata alle zone d’ombra dell’animo umano. Confezione d’alta scuola, professionismo indiscussi, nobili motivazioni.