In un crescendo di intrighi e ossessioni visive enfatizzate da un uso intenso della colonna sonora, Jonathan Demme torna allo stile de Il silenzio degli innocenti per una riflessione sulla politica americana in un anno di elezioni presidenziali. Sebbene il film si appropri della retorica di Bush e delle ossessioni riguardanti la sicurezza nazionale, The Manchurian Candidate non è un film antirepubblicano, bensì una riflessione sulla retorica abusata da entrambi gli schieramenti e sullo sfruttamento del terrore per portare avanti loschi traffici e affari sporchi. In questo senso The Manchurian Candidate è un film dall'etica profonda in cui si assiste ad un chiaro scontro tra l'idealismo di alcuni personaggi e lo spietato interesse di altri. Una visione inquietante del futuro, con il controllo della politica non solo attraverso finanziamenti illeciti e ricatti, bensì tramite tecnologie sofisticate e 'a prova di errore' che consentono di sfruttare la paura della gente e l'angoscia in nome dei soldi e degli affari. Insieme ai documentari Fahrenheit 9/11 e The Corporation, nonché a film come September Tapes e - addirittura - L'alba del giorno dopo, The Manchurian Candidate è un altro punto di vista sui rischi della democrazia. Un thriller visivamente molto sofisticato e intrigante in grado di unire l'intrattenimento alle idee per dare uno sguardo al dietro le quinte della politica americana in un momento storico in cui, più che mai, le scelte degli Stati Uniti influenzano le vite di tutti gli esseri umani.
Idealismo vs. retorica
E' The Manchurian Candidate, thriller di Jonathan Demme, fuori concorso a Venezia
1 settembre, 2004