Iddu, ovvero Matteo Messina Denaro. Antonio Piazza e Fabio Grassadonia ne fanno un fantasma "visualizzabile", muovendo dall'imperativo morale e poetico messo in esergo: la realtà è un punto di partenza, non una destinazione. Succede che Matteo, Elio Germano, e Catello, Toni Servillo, il boss e il padrino, il mafioso e il politico si - e ci - prendano a braccetto tra finzione e mondo possibile, sogno e (messa all')incanto di un paese e, ancora prima, una terra che suscita - e anche resuscita - l'Ecclesiaste, prediligendo "chi ancora non è nato, perché ancora non ha visto tutto il male che si fa sotto il sole" - e la Sicilia è assolata assai.

Il boss non più ragazzino, il politico non più in sella, ex di tutto e da ultimo anche ex detenuto, che si ritrovano, ehm, sotto lo stesso sole, congiunti dalle mire catturandi - ma poi davvero? - dei Servizi: verrà assicurato alla giustizia, Iddu?

Sappiamo come (non) è andata a finire, ma qui non si finisce, qui si va per distaccamento dalla realtà e concessione all'immaginazione, che è però dato più sensibile e financo veritiero della prima: chi è questo Iddu, come e quanto si attaglia questa terza e perfino vulcanica persona singolare all'identikit, all'identità della cronaca criminale e dunque sociale dell'Italia ultima scorsa?

Declinando un'altra (l'opera prima Salvo) salvezza non escatologica, rinnovando una Sicilian Ghost Story, la più preminente ultima scorsa, Piazza e Grassadonia trovano il tragicomico che presiede alla (ir)realpolitik del cinema e della sua riproduzione più prossima, la realtà. In Concorso a Venezia 81, Iddu è commedia dell'arte, detection pirandelliana, compendio antropologico, messa in scena - e in o-sceno rispetto ai cascami e ai lapidari del Neorealismo - di una narrazione predittiva e, pure, veridittiva.

Manca l'ultima tessera al puzzle della Trinacria per cui Matteo invia una surreale epistola, vale a dire pizzino, al produttore ludico, ed è tutta qui la non sottomissione del film, dell'idea di Cinema che lo indirizza e alimenta, al vincolo del verosimile - dove la distanza non è dalla verità, per quanto altra o parallela, ma dalla somiglianza e dalla similitudine.

Non tutto va, eccome, una mezz'ora in meno avrebbe sbrogliato la matassa e attizzato l'attenzione, che sovente si ingarbugliano e si perdono nel mare magnum picaresco-poliziesco, ma l’inquietudine affiora, il mistero assolato di Iddu emerge quale possibilità dell’isola – e impossibilità di tutto il resto, all’accertamento dei fatti alla fattualità della certezza.

Cinema perfettibile, a tratti labile, vastamente aporico, incasinato per osmosi, eppure gli eyes wide shut di Piazza e Grassadonia sanno inquadrare pupi e pupari, senatori e Servizi(etti), prigioni e pigioni, maschere e bischerate con una forma, e una sostanza, senza eguali né gemellaggi. Morti e non morti, tutti si spiaggiano quali corpi al sole di un'indagine su un cittadino, e un Paese, al di sotto di ogni sospetto.