Nel 1996 Lyle ed Erik Menéndez vengono condannati all’ergastolo per l'omicidio dei genitori in quello che diventerà uno dei più celebri procedimenti giudiziari di fine '900. Per la prima volta dopo trent'anni anni e con le loro stesse parole, i due fratelli ripercorrono il processo che ha sconvolto gli Stati Uniti.

Attraverso approfondite interviste telefoniche a Lyle ed Erik, agli avvocati coinvolti nel processo e ai giornalisti che se ne occuparono, ai giurati, ai familiari e ad altri osservatori informati, l'acclamato regista argentino Alejandro Hartmann ( Carmel: Chi ha ucciso María Marta? , Il fotografo e il postino: l'omicidio di José Luis Cabezas ) regala una nuova visione e una nuova prospettiva su un caso che il pubblico crede a torto di conoscere. Il documentario arriva a meno di un mese dall’uscita di Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menéndez , la serie drammatica true crime di Ryan Murphy su Netflix che sta facendo scalpore.

Erik Menéndez stesso ha criticato duramente la serie per aver operato una "rappresentazione disonesta" della vicenda. A trent’anni dal terribile omicidio quindi i due fratelli, già protagonisti di numerose trasposizioni televisive, raccontano nel documentario l’intera storia che ancora non conosciamo dietro la vita apparentemente perfetta di quella famosa famiglia di Beverly Hills.

In realtà José Enrique Menéndez, cubano immigrato negli Stati Uniti, era un businessman che ebbe grande successo nel mondo delle grandi corporation ma anche un marito e padre controverso. José Enrique Menéndez, infatti, ha abusato per anni in modo orribile di entrambi i figli con la connivenza della madre Kitty, anche lei succube del marito. I fratelli hanno raccontato che nell'estate degli omicidi avevano affrontato l'argomento con il padre che però li avrebbe minacciati di morte se non avessero tenuto segreto l'abuso. Stando al loro racconto, la sera del duplice delitto il padre aveva chiuso stranamente la porta della stanza e i fratelli si erano convinti che sarebbero stati uccisi dai loro stessi genitori.

Una tesi però rigettata dalla giuria nel processo di condanna che invece ha stabilito come movente la voglia di ereditare subito la ricchezza del padre, valutata in 14,5 milioni di dollari. Gli abusi non sono mai stati ritenuti un’attenuante di pena, negli anni ’90 l’accusa costruì una narrazione basata sulla convinzione che i maschi non venissero abusati sessualmente e che vivessero il trauma dello stupro in modo diverso dalle donne.

Oggi Erik e Lyle Menéndez, rispettivamente di 53 e 56 anni, sono tornati al centro dell’attenzione, anche per via di un movimento social, che tra X e TikTok, chiede la revisione del processo alla luce di una diversa sensibilità nei confronti delle vittime di abusi sessuali. Attraverso interviste mai pubblicate e materiale inedito, il documentario quindi riaccende un faro su quello che portò al terribile delitto del 20 agosto 1989. L’opera di Alejandro Hartmann restituisce voce a Erik e Lyle Menéndez per cercare di far luce sulla psiche di adolescenti segnati a vita dal trauma dell’incesto.