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Cinque italiani spiantati e in cerca di un’occasione vengono mandati a girare un film in Armenia. Appena arrivati scoppia una guerra e il produttore che (teoricamente) doveva finanziare il lungometraggio sparisce con i soldi.
Isolati all’Hotel Gagarin, un posto sperduto in mezzo ai boschi e circondato dalla neve, troveranno il modo di inventarsi un’originale occasione di felicità che non potranno mai dimenticare.
La sgangherata compagnia di questa commedia poetica e divertente è composta da Claudio Amendola, Luca Argentero, Giuseppe Battiston, Barbara Bobulova, Silvia D’Amico, Caterina Shulha e Philippe Leroy.
Un cast affiatato e ben assortito che ci porta con leggerezza nel mondo dei sogni e del cinema. Proprio come Gagarin, primo uomo a volare nello spazio, i protagonisti dell’opera prima di Simone Spada ci condurranno così in un viaggio onirico e pieno di speranze.
Grazie al potere dell’immaginazione il decadente Hotel Gagarin si trasformerà pian piano in una specie di navicella spaziale dove tutta la gente del villaggio vicino accorrerà perché lì si girano i sogni.
C’è chi desidera essere un funambolo, chi invece vorrebbe per un attimo essere Humphrey Bogart, chi chiede di assistere a un concerto a Wembley e infine chi sogna di visitare New York.
In Nuovo cinema paradiso di Tornatore la gente si ritrovava nel cinema del piccolo paesino siciliano pronta ad accogliere le emozioni regalate dalle pellicole, qui all’Hotel Gagarin il popolo armeno arriverà cercando di avverare i propri sogni. In entrambi i casi il cinema è magia.
Il film di Simone Spada (qui all'esordio dietro la macchina da presa dopo una lunga esperienza come aiuto regista) è quindi una commedia romantica e visionaria in grado di emozionare e di farci volare con la fantasia, nonostante si svolga tutto in un unico ambiente, e di farci sognare come i suoi protagonisti.
Gagarin disse: “La terra vista dallo spazio è un posto bellissimo senza confini né barriere”. Hotel Gagarin ci ricorda che anche il cinema è un luogo meraviglioso, senza frontiere. Per tornare all’idea primordiale della settima arte, non a caso definita “la fabbrica dei sogni”.