Ancora una volta il cinema a stelle e strisce prova a confrontarsi con i demoni della storia del proprio paese. Quale genere migliore, se non il western, per tentare di riavvicinare le tante, troppe ambiguità politiche attuali con i fantasmi di ignobili "politiche" che in passato hanno contribuito a (s)fondare l'humus su cui erigere le fondamenta di un'intera nazione?

Hostiles di Scott Cooper (regista che dopo Crazy Heart, Out of Furnace e Black Mass conferma di avere a cuore i vari miti/ambiguità fondativi degli Stati Uniti) è un film che, attraverso la classicità e l'epica del canonico western "on the horses" prova a rintracciare il senso dell'umano all'interno di contesti e dinamiche dove il disumano ha preso il sopravvento. E non fa mistero alcuno, lungo il suo percorso, di farsi film-simbolo attraverso cui l'America tenta di espiare le proprie colpe in merito al trattamento riservato a suo tempo ai nativi.

 

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Si torna allora al 1892. Le guerre indiane sono terminate e le popolazioni indigene ormai sconfitte vengono catturate e tenute prigioniere, per poi essere destinate alle varie riserve. A Fort Berringer, in New Mexico, è prigioniero da 7 anni Falco Giallo (Wes Studi), capo di guerra dei Cheyenne del Nord, ormai in fin di vita. Al capitano Joseph Blocker (Christian Bale), un tempo eroe di guerra ora carceriere, viene ordinato di riaccompagnarlo insieme ai suoi familiari nella nativa Valle dell'Orso, in Montana, per garantirgli una morte dignitosa.

La nobiltà dell'atto, ovviamente, è inversamente proporzionale alla natura meramente teatrale (e cinica) della sceneggiata: una volta lì, morto il patriarca, i suoi familiari dovranno essere "accompagnati" e imprigionati in una riserva.

Fieri nemici di tante sanguinose battaglie, nelle quali il capitano ha visto soccombere, e in malo modo, commilitoni e amici, Blocker e Falco Giallo, insieme ad altri soldati e ai familiari di quest'ultimo, si mettono in sella per affrontare questo sfiancante e insidioso viaggio di oltre 1.000 miglia. Lungo il quale s'imbattono in Rosalee Quaid (Rosamund Pike), traumatizzata superstite di un massacro da parte dei Comanche, dove ha visto soccombere il marito e tre figli. Ancora sconvolta, la donna si unisce al gruppo.

Magnifici campi lunghi e sguardo mai consolatorio, ottimo per quello che riguarda involucro e confezione (la fotografia di Masanobu Takayanagi, le musiche di Max Richter), Hostiles riesce a mantenere tutto sommato intatta la propria epica ma non sfugge al rischio di alcuni eccessi retorici, dove spesso i simbolismi (e le coincidenze, vedi l'entrata in scena di Ben Foster, un tempo sergente al fianco di Blocker, ora prossimo all'impiccagione per aver commesso una strage) hanno la meglio sulla tenuta del racconto, dei personaggi e dei pochi (purtroppo) non detti che invece avrebbero contribuito a fare del film un vero e proprio capolavoro.

 

Cosa che, poco più di dieci anni fa, era riuscita per esempio a Tommy Lee Jones con il suo film d'esordio, Le tre sepolture: viaggio, cavalli, espiazione...