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Fa una certa impressione pensare a Edoardo Gabbriellini. Un tempo icona, insieme gaia e ammalinconita, ma comunque speranzosa e affamata d’amore di una generazione ostinata ad affermarsi oltre la provincia, benché braccata dalle disuguaglianze sociali. Di quell’Ovosodo, che sfila, restaurato, alla Festa del Cinema di Roma (era il 1997) dove Holiday passa in concorso, oggi non c’è più traccia.
Ora che l’attore e regista sfiora i cinquant’anni, continua a tampinare (da B.B. e il cormorano) adolescenti angosciate e smarrite che non sognano, non amano, perché devono barcamenarsi tra una giustizia ingiusta, l’irresolutezza dell’età e una famiglia che è, ancora, un covo di vipere da cui fuggire. Non hanno progetti, slanci, sogni, scivolano in un presente sentito come una gabbia, marchiate dal lutto e dal chiacchiericcio.
Anche Veronica si bagna nel Tirreno come Piero Mansani, ma più a Nord, in un albergo della Riviera Ligure. Il suo Ovosodo che non va su e non va giù è la morte in un bagno di sangue della madre, direttrice della struttura ricettiva che sorge sul mare. Per il delitto, ha appena scontato due anni dietro le sbarre pur dichiarandosi innocente.
Nella parvenza di normalità, fuori dal circondario si divide tra serate in discoteca con la migliore amica Gaia, i bagni al lago, il bisogno e la paura del sesso, la necessità di sfuggire ai giornalisti e al pregiudizio come di comprendere il passato, con la voglia sempre di non progettare nessun futuro.
Sotto la coltre di questo quotidiano stagnante, segnato da un passato oscuro, Gabbriellini inietta nelle sue creature un’inquietante senso di irrisolto, un torbido presentimento di incompletezza.
In flashback, allora, il noir alza il sipario sulle tappe del processo, sull’incalzare dell’accusa, su Gaia, Veronica, il papà inermi di fronte alle domande. Affiorano non detti, emissioni, imbarazzi, incongruenze, tradimenti famigliari. E poi le immagini truculente della madre cadavere in piscina accanto all’amante.
Insomma il teen drama (inquadrato con pazienza, accuratezza ed empatia) si lega al giallo che sfocia nel più classico procedural all’italiana: quello di una giustizia che non ricompone la Verità, ma la complica, la insabbia, la opacizza.
Come in fondo si diverte a fare la sceneggiatura (autore lo stesso regista con Carlo Salsa) confezionando un film cupo, luttuoso, installato su dubbi, ombre e sbalzi ormonali di due ragazze sospese in un limbo (pregevole la naturalezza recitativa del duo Margherita Corradi-Giorgia Frank).
Autocompiaciuto del suo passo felpato, delle sue contorsioni di senso, del suo sguardo vagamente scopofilo sui corpi femminili (ma perchè?) Holiday, film da spiaggia e d’interni (albergo) è attento soprattutto a non scoprirsi, a confondere le acque, come prescrive il genere, ma sul finale non mantiene le premesse: la ricostruzione del processo non chiude nessun cerchio, non sfocia in Verità drammaturgica.
Non è questo in fondo che interessa a Gabbriellini, non ha alcun afflato di speranza, di ricomposizione del bene dal male da consegnarci. Anzi se ne sfila, compiaciuto, adagiandosi infine in un’opaca doppiezza di interpretazioni che lascerà, più che perplessi, delusi parecchi spettatori.
A voler soppesare la cornice dal quadro, poi, non convince neanche lo stile. Una regia a distanza di sicurezza, che contempla i suoi attori agitarsi in uno spazio compresso, fatto soprattutto di campi lunghi e primissimi piani. Eppure è capace di uno sguardo sincero, accorato, e insieme oggettivo verso l’adolescenza, come, di scorcio, verso la Riviera. Più delle angosce di Veronica e Gaia in sé, infatti, il regista si preoccupa di incasellarle una lenta panoramica alla volta in questa regione tortuosa, terrazzata, oscura, ambivalente, ossuta. Lo scenario, però, non si fa personaggio, non assume granché rilievo narrativo, se non – riecco Ovosodo - come gabbia da cui sfuggire verso un altrove fumoso e idealizzato (la Costa Azzurra).
Forse, però, le ragioni di cotanto amore per il contesto non sono narrative. Se distribuisce Vision, se producono Lorenzo Mieli (The Apartament) e Luca Guadagnino – anzi “L. Guadagnino”, come si chiama, ennesima bizzarria, il liceo di Veronica- , scorrendo i titoli tecnici si scopre subito che a finanziare Holiday ci ha pensato la Ligura Film Commission. A pensare male si fa peccato...