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Dopo il consueto apprendistato nei corti, Giorgia Farina esordisce nel 2013 con Amiche da morire, commedia degli equivoci e dell’intrigo incentrata sul rovesciamento dei ruoli e della vendetta. Era evidentemente la spia di una predilezione, perché su questo versante si muove anche il suo secondo film, Ho ucciso Napoleone, girato a distanza insolitamente breve nel panorama italiano (un merito?). I punti di contatto sono indubbi, perché il copione ruota intorno a 24 ore della vita di Anita, brillante manager in carriera, la cui vita viene all’improvviso travolta da una serie di guai: licenziata in tronco subito dopo la sospirata promozione, apprende di essere incinta del proprio diretto superiore, sposato e padre di famiglia. Da quel momento però Anita decide che tutto deve tornare come prima, e secondo quello che lei deciderà… I punti di contatto con l’opera prima vanno avanti in modo sempre più esile, fino a quando non appare evidente che il personaggio Anita è destinato a soverchiare con la propria invadenza fisica e caratteriale tutte le altre (e i pochi altri). Il disegno di “Anita” assume su di se una sintesi sempre più accentuata di quello che caratterizza una donna di oggi: “E’ dark, molto dark, è cattiva, cattivissima, una diavolessa, un satanasso, detesta gli uomini”, dicono all’unisono Farina e Ramazzotti. La seconda costruisce corpo e mente di Anita, la prima la proietta sul contesto gelido e metallico della sede centrale di una industria farmaceutica. Tutto è asciutto, privato di riferimenti geografici o logistici. La regista appare rivolta a costruire uno scontro tra Anita e il resto del mondo. La frase finale di lei (Io non sembro così, io sono cosi) ha il sapore di una fuga dalle responsabilità narrative. Sospetto confermato subito dopo dal sottofinale collocato per prudenza lungo i titoli di coda (quanti lo vedranno?) dove il personaggio Biagio da complice diventa a sua volta protagonista. C’è un dislivello etico che non torna nella sceneggiatura, e la regia fin troppo spavalda e sovraccarica di rabbia ne accentua certa eccessività. A Farina serve un miglior controllo della propria, notevole vitalità espressiva. Detto di Michaela Ramazzotti (una Anita alla She-Devil), il cast è certamente solido e coerente (Libero Di Rienzo, Adriano Giannini, Iaia Forte, Elena Sofia Ricci, Thony), ciascuno coinvolto a vario titolo nel girotondo dei doppio giochi e delle vendette.