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Hayuta ve Berl (Epilogue)
Un mattino e un risveglio, un braccio che si leva come condotto da una gru evitando il suo peso all'altro corpo che dorme lì accanto, mentre la luce costringe entrambi a un nuovo, concesso, giorno. Hayuta ve Berl, dove ve sta per e, quella congiunzione/vocale che cade addosso dallo schermo con la E, enorme, dell'altro titolo, Epilogue: è il nuovo film arrivato al Lido nelle sempre più interessanti Giornate degli Autori.
Lei e lui iniziano un nuovo giorno. Berl si aggira per casa, prende il giornale, mentre Hayuta si fa la doccia: l'acqua che scorre, la testa reclinata sulla parete piastrellata, sofferente, a darsi quel sostegno in più. Bussa all'uscio della loro casa una donna, l'assistente sociale che dovrà valutare la loro idoneità a ricevere il sussidio; che dimostrerà loro che arrivati alla vecchiaia non sono più autosufficienti. Come sarà tutto quel lungo giorno a confermare e ribadire, ancora e ancora...
Amir Manor, regista e sceneggiatore, qui al suo primo lungometraggio, delinea la storia di una coppia che appartiene a un altro tempo, impreparata a vivere questo nella non più propria Israele, incapace di sostenere, con un patto sociale adeguato, soprattutto, e non solo, chi è anziano; e dedica il film ai suoi nonni, entrambi morti tre anni fa di cancro. E il suo dolore e il suo affetto si avvertono nella verità dei 96 minuti che lo percorrono, nell'umanità che distingue lo sguardo che li tocca, permettendo di trovare in quel giorno altri esseri umani che concederanno a tratti simbolici abbracci. Vengono dal pianeta socialista, quando i padri/pionieri laburisti (gli halutz) stavano lì a ricostruire una terra per renderla funzionale a una crescita ideale e collettiva(-ista). E come i protagonisti del film, gli stessi nonni di Manor, come lui stesso ha dichiarato, sono “costretti ad ammettere l'illusorietà dei loro principi più cari.” Da quel passato che agli occhi del presente li rende ancora più obsoleti.
Bert passa le giornate rimandando la riparazione di un televisore, e telefona alla radio, annuncia la nascita di un movimento, Il Cerchio, di sostegno reciproco, ricevendo il trattamento colmo di sufficienza del conduttore; Hayuta, diabetica, va in farmacia, non ha soldi per prendere anche l'insulina tra le sue medicine, la lascia lì, il farmacista la segue ricordandole che se ne era dimenticata, va a vedere, presa in giro dalla cassiera che la crede sorda, Indiana Jones e rimane commossa...
La macchina da presa segue passo passo le due ombre di un'epoca, che non potrà più essere, camminare e vivere in quella città fantasma; accompagna due esseri umani che cercano il sostegno reciproco, e un figlio lontano a cui chiedono scusa, quando ormai la comunicazione è chiusa e lui non può più ascoltare. Ma saranno di nuovo capaci di sostenersi a vicenda, di essere fondamentali l'uno per l'altra, concedendosi un ultimo ballo nella notte di quella lunga giornata. Commuovendo, anche grazie alla musica di Ruth Dolores Weiss, Epilogue cammina a braccetto con Hayuta ve Berl, aiutandoli ad andare via.