Un documentario su un film vincitore di un premio Oscar, un Golden Globe, che in Italia ha incassato sette milioni di euro ed è stato visto da oltre un milione di spettatori.

Stiamo parlando di Hayao Miyazaki e l’airone di Kaku Arakawa (nelle sale per tre giorni, dal 25 novembre), documentario sul film Il ragazzo e l’airone, lungometraggio d’animazione che ha superato ogni più rosea aspettativa, probabilmente perché arrivato oltre dieci anni dopo l’annuncio del ritiro definitivo di Miyazaki, e neanche i più ottimisti speravano che il maestro avesse ancora le forze, la grinta per gestire un’equipe, la determinazione e la costanza necessaria per seguire un percorso così lungo.

Disegnare, creare, far uscire le emozioni dalla sua testa, per Miyazaki è una necessità, perché “quando chiude gli occhi, non smette di pensare”, le sue idee hanno bisogno di scappare dal suo cervello, di prendere vita. La realtà intorno a lui è dolorosa, triste, ha bisogno di darle un senso sui fogli, per rinsavire da quella confusione che offusca la sua mente.

Hayao Miyazaki e l'airone
Hayao Miyazaki e l'airone

Hayao Miyazaki e l'airone

Il documentario è un itinerario all’interno della sua visione dell’esistenza, non ci sono riferimenti tecnici sul lavoro, sulle animazioni come ci si aspetterebbe, è un labirinto all’interno del mondo fantastico creato dal regista, come se si indossassero i suoi occhiali, come se si vedesse la sua prospettiva del mondo.

“Mi sembra di avere la testa rotta”, il regista non può scappare dai continui impulsi che attanagliano la sua psiche, spezza la linea di continuità tra realtà e finzione, le sue creazioni incarnano le persone che sono state fondamentali per lui, è quasi un percorso di autoanalisi per ripercorrere la sua vita, per aprire il coperchio del suo cervello, perché per sopravvivere deve accettare i suoi avvenimenti, accogliendoli, vivendoli e superandoli. Ci sono momenti di stallo, nei quali Miyazaki si rende conto della malvagità del mondo, del fatto che è bloccato dentro i personaggi che ha disegnato, si domanda perché è rimasto solo e le persone a lui più care stanno morendo una dietro l’altra, non si capacita del fatto che la sua vita sta durando così a lungo e trovarne il senso è sempre più difficile.

Nascono così i suoi personaggi, attingendo dall’irrequietezza, dall’insoddisfazione costante e dalla noia. La vita continua sempre e lui non può scappare dai suoi pensieri, dalle immagini che la vita quotidiana gli stimola. Nascono l’airone cenerino, che simboleggia il suo storico produttore Toshio Suzuko, il prozio saggio del protagonista del film che rappresenta Isao Takahata soprannominato Paku-San dal regista co-fondatore con lui dello Studio Ghibli. Il brusio degli alberi della passeggiata quotidiana diventa la foresta dello smarrimento. Miyazaki sente i fruscii in casa dopo la sua morte, è convinto che sia lì con lui, pronto a donargli consigli e suggerimenti, non vuole mollare questo film anche se si sente debole e stanco, proprio come tutti si aspettano da lui. Michiyo Yasuda, illustratrice e sua collaboratrice, morta a seguito di un tumore, gli ha detto di andare avanti, di fare un altro film e lui così vuole fare, perché segue il suo istinto, segue le voci della sua anima che lo guidano. Due mesi di inattività, anche queste lunghe pause creative accompagnano il percorso dell’illustratore regista che non scalpita, ma accetta e pazienta. La matita 3b o HB dà forma alle creazioni derivanti dalle sue lunghe passeggiate in mezzo alla natura perché, quando tutto non funziona, bisogna fermarsi e non insistere, quando la testa batte forte e ha troppi impulsi questi non creano, ma limitano.

Hayao Miyazaki e l'airone
Hayao Miyazaki e l'airone

Hayao Miyazaki e l'airone

La vita continua incessante, la voce dell’allarme di casa che ogni giorno informa di averlo disattivato ha lo stesso tono e non invecchia, il suono rassicurante del bollitore per farsi il thè simboleggia la pace di casa, la sicurezza di avere i bambini della scuola materna davanti all’ufficio che ogni 5 gennaio, ti cantano gli auguri di buon compleanno. Questi piccoli riti fanno parte della modesta vita del regista, non sfarzi, ma banale e rassicurante quotidianità. 3598 giorni da quando questo viaggio ha cominciato a entrare nella sua anima, nelle suoi gesti quotidiani, nei suoi pensieri, nelle sue azioni, che esprimono la malvagità intrinseca nel mondo. 3598 giorni da quando si è perso, ritrovato, da quando la sua creatività ha monopolizzato il suo corpo, le sue mani da illustratore.

“Se non realizziamo qualcosa, non abbiamo niente”, ha detto Miyazaki e Kaku Arakawa è riuscito a creare molto su cui riflettere, ipotizzare, fantasticare. I geni e i creativi fanno così, ti travolgono con la loro visione delle cose, a volte angosciante e terrificante, ma vera e pura. “Mi sembra di avere la testa rotta”, pronta a far uscire idee e sogni.