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Have a Nice Day
Raramente si è vista una descrizione della Cina urbana così grigia e squallida e che l’abbia fatta un cartone animato sorprende solo in parte vista la pressione politica sul cinema: peccato che Have a Nice Day, film di Liu Jian in concorso alla Berlinale 2017, lascia questa descrizione sullo sfondo e si accontenti di un gioco di caricatura sul cinema dei fratelli Coen.
Come da tradizione noir moderna, il film giostra attorno a una borsa con un milione, rubata da uno scagnozzo al suo capo che farà di tutto per tornarne in possesso. Ma sulle tracce dei soldi saranno in molti. Liu è anche sceneggiatore di un esercizio di stile postmoderno, in cui il noir dall’umorismo cinico dovrebbe prendere nuova vita, autogiustificarsi per il solo fatto di essere realizzato tramite disegni animati.
C’è il nichilismo esistenziale, c’è il gioco ironico e beffardo della sorte, ci sono i personaggi bizzarri che hanno sogni bizzarri, c’è un tono laconico su cui innestare brevi gag, ci sono i dialoghi illuminanti (uno su tutti: quello sui tre gradi di libertà) e persino le parentesi onirico-musicali: insomma c’è tutto il bagaglio coeniano che da Blood Simple a Fargo abbiamo imparato ad amare. Ma oltre ciò, Liu non sembra voler mettere altro: l’animazione è fredda e secca, volutamente legnosa, quasi da street art iperrealista, ma non serve al regista ad approfondire lo sguardo sulla Cina, non è una marcia in più di un film che avremmo preferito scritto con più cura.
Have a Nice Day diverte, potremmo dire che funziona, è un giochino che può soddisfare, condotto con una certa sicurezza da Liu: ma dallo status di gioco non si eleva mai, sebbene l’inizio - con tanto di esergo da Resurrezione di Tolstoj - dica ben altro dei suoi intenti, o almeno delle promesse che fa allo spettatore.