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@ Virginie Surdej et Amine Messadi
Haut et Fort segna la prima volta in competizione a Cannes di un film marocchino. Sebbene nato in Francia, il regista Nabil Ayouch è il portabandiera cinematografico del paese maghrebino, che ha rappresentato nella corsa all’Oscar con Mektoub (1998) e Alì Zaoua, prince de la rue (2000). Di lui si ricorda soprattutto Much Loved, che presentato alla Quinzaine nel 2015 venne vietato in patria “per oltraggio alla morale e pregiudizio al Paese”.
Scritto e diretto da Ayouch, Haut e Fort, titolo internazionale Casablanca’s Beats, segue Anas (Anas Basbousi), ex rapper, nel suo nuovo impiego presso un centro culturale: incoraggiati dall’insegnante, gli studenti cercheranno di liberarsi dal peso delle tradizioni per vivere la loro giovinezza e il loro impegno civile attraverso la cultura hip hop.
La classe di Laurent Cantet vinse la Palma d’Oro nel 2008: non era male, ma fu miracolato, a nostre spese, giacché gareggiavamo con Gomorra di Garrone e Il Divo di Sorrentino. Di quello Haut et Fort è un nipotino o, meglio, un emulo con poca arte e poca parte.
Siamo nei territori del didascalico, dell’affabulatorio, del didattico e del demagogico, a tratti fa pure simpatia, sennonché il dubbio che Spike Lee possa indulgere in benemerenza la dissipa.
Si salvano le musiche dei rinomati White & Spirit, ma davvero non basta.