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Happy Few
Saranno pure felici, anzi, nemmeno quello. Comunque, se la passano decisamente meglio di chi sta davanti loro, sulle poltroncine: sono gli Happy Few di Antony Cordier, che decisamente non ricambiano il favore del titolo al pubblico. Meglio, lo fanno a metà: pochi (few) gli spettatori rimasti fino alla fine in proiezione stampa.
Noi siamo usciti dopo 45 minuti, successivamente trovando - giuriamo! - conferma del prevedibile, reazionario e sessuofobo sviluppo della "storia" dagli stakanovisti della visione totale. Per definire il 12esimo lungometraggio del regista francese, vi rimandiamo alla fantozziana "critica" della Corazzata Cotiomkin, perché lo scambismo di due coppie (webdesigner tatuato e biondino ed ex ginnasta bruna e sorridente, per la prima; maghrebino alto e con due pale per mani e una bionda creatrice di goielli, per la seconda) scambia pure il vecchio, noioso, infido e ipocrita "scandalo" sessuale per forma e contenuto cinematografico. Non lasciatevi ingannare: vi parleranno, almeno qualcuno, di antropologia politica, furore nichilista, apologo sociale, critica del consumo, ma son tutte considerazioni a latere, ovvero nel fuoricampo che più esterno non si può. La verità è un'altra, e onestamente una battuta del film la sintetizza bene: "Ho capito perché tuo marito ti chiama sudoku: sei difficile da decifrare...". Viceversa, Happy Few è ben decrittabile: è una ... pazzesca!. Ah, è anche in Concorso...