Balti (Lino Guanciale) è esistenzialmente normodotato, ma il nuovo impiego da commesso viaggiatore lo trasporta in una dimensione borderline, popolata da vari ed eventuali: il rischio contagio è sensibile, ma divorziato e padre qual è tocca provarci. Comunque. Lo stralunato, acido locus amoenus di Balti e compagnia improbabile è l'Happy Days Motel, che dà il titolo all'opera prima di Francesca Staasch, disponibile su Cubovision fino al 30 aprile.
A popolarlo, vite di uomini e donne non illustri: Laura (Valeria Cavalli), una figlia morta dopo anni di coma e un'elaborazione del lutto singolare; Dustin (Luigi Iacuzio), vitellone senziente, metà meccanico e metà gigolo; il tossico Lupo (Luciano Curreli) e la crocerossina dubbiosa e compulsiva Candy (Valeria Belardelli). Balti ci capita in mezzo e reagisce, mentre la regista – teatro e corti in carnet – perfeziona la chimica: film imperfetto, ci mancherebbe, viziato dal (eufemismo) lowbudget e i mille problemi del fare cinema in Italia senza pacche sulle spalle e agenda robusta, eppur si muove.
Nel mixer registri e generi diversi (dal noir esistenzialista agli amori tossici, dal precariato in prima persona singolare all'eremitaggio immaginifico), una seconda parte a carburazione lenta, Happy Days Motel coniuga al presente vissuti generazionali e agiti autoriali, cercando di dare domicilio, se non residenza, a un modo diverso di fare cinema, almeno per queste latitudini: pop senza vezzi, identità non artefatta, estetica tv e sperimentale ugualmente in fuoricampo. Si avverte un'occupazione di spazi, modi e tempi genuina ed eterodossa, che senza prendersi sul serio afferra qualche bella idea: la condanna della normalità (il destino da pusher del normodotato), il retaggio bucato della vecchia comune (il motel non luogo), la lotta scanzonata contro gli stereotipi (il tossico e la “bella”, il meccanico amatore).
Insomma, buona la prima e sala rimandata: se non il futuro, il presente si chiama web. E ha un Motel a 3 stelle.