“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. Si tratta forse della frase più famosa di La fattoria degli animali di Orwell. I maiali prendono il potere, organizzano una sommossa, cacciano il fattore e alla fine assomigliano sempre di più agli esseri umani che odiavano. Nel documentario Gunda di Victor Kossakovsky i protagonisti sono proprio un gruppo di maiali. Ma lo spirito è diverso.

Siamo in una fattoria, e i suini dividono gli spazi anche con galline e mucche. Il regista mette la macchina da presa all’altezza del terreno, cattura l’immagine degli animali come se fossero persone. Lunghi primi piani, delicati carrelli, l’obiettivo è creare empatia. Assistiamo al parto di una scrofa, all’allattamento dei cuccioli.

Kossakovsky sembra accarezzarli, cerca una comunione con la natura dagli esiti sorprendenti. I “personaggi” di Gunda hanno più carisma e forza emozionale del maialino parlante Babe. È complesso capire quanto di quello che si vede corrisponda alla realtà, ma di sicuro il risultato è inusuale, fuori dagli schemi.

 

Osserviamo i pennuti mentre si avventurano nella boscaglia, assistiamo a sequenze in cui le mucche appaiono come al centro del quadro di un pittore. Non c’è una storia da seguire, va in scena la quotidianità. Kossakovsky non descrive con toni polemici, non vuole condannare gli allevamenti, anche se gli intenti “vegani” ci sono. Invita ad avere rispetto per l’esistenza in tutte le sue forme, esaltandone la bellezza. Crea un’atmosfera magica, sospesa in un’altra dimensione.

Potrebbe essere una favola, ma poi c’è la durezza della prigionia. L’intera zona è delimitata da una rete, che impedisce una vera libertà di movimento. Kossakovsky utilizza il bianco e nero come una provocazione, per non cadere nella trappola dello spot pubblicitario. La scelta rischia di essere un po’ troppo sofisticata, specialmente nel finale, ma contribuisce a rendere Gunda qualcosa di ancora più alieno.

Presentato al Festival di Berlino, oltreoceano è già un cult. Paul Thomas Anderson lo ha amato, e il produttore è addirittura Joaquin Phoenix. Si tratta di prendere o lasciare: magnetico, ma allo stesso tempo ammiccante, forse ruffiano. Di sicuro le intenzioni sono encomiabili, e Gunda si candida per essere il titolo più originale di questo Torino Film Festival.