Proviamo a fare un pizzico di geopolitica cinematografica: il nuovo corso della politica mondiale, spinto verso destra, sempre più prossimo al nazionalismo, è intuibile anche dal fatto che ogni nazione, anche quelle che prima non avevano un particolare guizzo per il patriottismo, sfoderano i loro eroi nazionali per farne vessilli di libertà attraverso il cinema popolare.

Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia lo fanno per tradizione, in Estremo Oriente lo si fa da decenni per dovere politico, oltre cortina si è tornati a farlo con enfasi dopo lustri di distaccamento dalla pratica retorica, se non propagandistica, per arrivare in Italia dove la legge cinema prevede fondi per chi racconta personaggi “identitari”.

Il culmine allora diviene la notizia che la solitamente neutrale Svizzera ha rispolverato nientemeno che Guglielmo Tell, l’unico eroe nazionale degno di questo nome, sfortunato al cinema, facendone un film eponimo con un occhio all’opera di Schiller e un orecchio a Rossini: Guglielmo (Claes Bang) è un ex-crociato, prodigioso con la balestra, stanco della guerra e pronto alla “pensione” in famiglia, ma che viene richiamato alle armi quando deve gestire la resistenza contro l’occupazione violenta della Svizzera.

Nick Hamm scrive, produce e dirige un solido film d’avventura, co-prodotto da Svizzera, Regno Unito (che di arcieri ribelli se ne intende) con una punta d’Italia per le riprese in Trentino che gioca espressamente con i classici del cinema degli anni ’30 e ’50, magari cercando la strada del mai compiuto Guglielmo Tell che Errol Flynn avrebbe dovuto interpretare con Sofia Loren, aggiungendo però una dose di intrecci politici e nobiliari che s’intonano molto con il gusto para-televisivo del pubblico contemporaneo.

Non un feuilleton, in ogni caso, bensì un film serio ma non serioso, produttivamente imponente grazie alle immagini di Jamie Ramsey, alle scene di Chiara Balducci, Virginia Smorra e Simone Tomasi e al montaggio di Yan Miles, in cui le istanze libertarie contro la tirannia (sacrosante e condivisibili bipartisan) si legano a una difesa delle peculiarità svizzere, territoriali e culturali, in cui si invoca a preparare la guerra per la pace: chi ha orecchie per intendere, intenda.

Se il côté politico non interessa, ci si gode la visione, sorretta da un efficace cast, con camei di lusso di Ben Kingsley e Jonathan Price, e da un senso dello spettacolo che tiene e che vira verso l’iperbole, come nel finale.