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Grazie ragazzi. O, meglio, “Merci le gars”. Il nuovo film di Riccardo Milani non è farina del suo sacco, e del cosceneggiatore Michele Astori, bensì dei cugini d’Oltralpe: è l’adattamento di Un triomphe scritto da Emmanuel Courcol e Thierry de Carbonnières, diretto da Emmanuel Courcol (2020).
Insomma, le idee originali latitano un poco da Trieste in giù, sicché meglio l’usato sicuro della trasposizione transfrontaliera: a bordo il protagonista Antonio Albanese, per la quarta volta diretto da Milani, dopo Mamma o papà? (2017) e il dittico Come un gatto in tangenziale (2017 e 2021), affiancato da Sonia Bergamasco, Vinicio Marchioni, Fabrizio Bentivoglio, Giacomo Ferrara, Giorgio Montanini, Andrea Lattanzi e Nicola Rignanese.
Tocca a lui l’omonimo Antonio, attore di grande passione e scarsa fortuna, ridotto a doppiare i film porno, finché un collega furbastro (Bentivoglio) non gli offre un posto da insegnante di un laboratorio teatrale all'interno di un istituto penitenziario. La proposta non lo alletta più di tanto, eppure il talento della compagnia di detenuti ne abbassa le resistenze, addirittura lo entusiasma, fino a risolverlo a mettere in scena Aspettando Godot di Samuel Beckett, e non nel carcere bensì in un teatro. A convincersi sarà necessariamente la direttrice del penitenziario Laura (Bergamasco), ma l’evoluzione della compagnia, a partire dal forzoso inserimento del bullo Diego (Marchioni), lascerà serpeggiare qualche dubbio: che succederà in tournée?
Il talento morbido e pragmatico di Albanese, sebbene qui lasci all’originale Kad Merad una bella libbra di carisma, non si discute, nemmeno la regia di alto servizio di Milani, e la storia è edificante con licenza di smentirsi, dunque bene, anzi, benino.
Nondimeno Grazie ragazzi fatica a entusiasmare, per tre ragioni principali: è drammaticamente troppo lungo, delle quasi due ore almeno mezza si sarebbe potuta scorciare; fatta eccezione per Bentivoglio e Marchioni, invero assistiti da personaggi più sbozzati, sia la Bergamasco che gli interpreti dei detenuti, Ferrara, Montanini e Lattanzi, paiono recitare col freno a mano tirato, non lasciano il segno, sono appunto i detenuti, un coro, senza assoli di sorta, ovvero differenziazione caratteriale se non psicologica; drammaturgicamente, si procede – certo, l’attesa pesa… - per affastellamento e iterazione, manca un colpo d’ala che inchiodi irrefutabilmente il pubblico all’emozione.
Insomma, più che Godot si aspetta Grazie ragazzi.