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Toni Servillo è GORBACIOf
Dopo l'Andreotti del Divo e in attesa del Mazzini di Noi credevamo, l'indimenticato leader della Perestrojka. Quanto meno secondo le abituali frequentazioni di Marino Pacileo, contabile del carcere napoletano di Poggioreale. Basta quella strana voglia sulla fronte, a Toni Servillo, per trasformarsi nel GORBACIOf (la "f" finale è d'obbligo) pensato da Diego De Silva e Stefano Incerti (autori dello script), quest'ultimo di ritorno a Venezia - Fuori Concorso - a quindici anni dal premio Kodak - Opera prima ottenuto da Il verificatore. Taciturno e metodico, vestito sempre alla stessa maniera (completo grigio troppo stretto in vita, maglietta rosso lucido), Gorbaciof prende quotidianamente "in prestito" i soldi dalla cassetta di sicurezza del carcere per sedersi al tavolo da poker nel retrobottega di un ristorante cinese. Ma è una passione che inizia a costare caro, soprattutto quando al proprietario del locale viene fatto intendere da un habituè senza scrupoli che il prossimo debito di gioco sarà "pagato" dalla figlia Lila, amata dallo stesso Pacileo.
Discrete intuizioni estetiche, abbinate alle ormai riconoscibili sonorità firmate Teho Teardo, più Toni Servillo: il nuovo film di Stefano Incerti "scimmiotta" per alcuni versi il "Sorrentino touch", ma rischia in più di un'occasione di lasciarsi "soffocare" dal suo assoluto protagonista, un duro dal cuore d'oro che finirà male per inseguire un sogno forse troppo grande per lui. Ed è proprio nella continua "rottura" tra lo squallore di un'esistenza grigia, senza stimoli e la nascita di un amore dagli echi chapliniani che Incerti tratteggia fino all'ultimo la sua idea di racconto, fagocitato però senza pietà dall'ennesima, grande prova del più talentuoso tra i nostri attori, in certi frangenti estrema maschera di se stesso.