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Esordio ambizioso per Germano Maccioni, qui al suo primo lungometraggio. Il regista propone attraverso il suo Gli asteroidi non solo un film che mescola attori professionisti e non, riuscendo oltretutto nell’impresa, ma anche un racconto intriso di tanta filosofia e metafore.
Una provincia industriale, la Bassa, sconfinata e alienante. Profondamente segnata dalla crisi economica. È in questo contesto che Pietro e Ivan, diciannovenni in lotta con la famiglia, la scuola e ciò che li circonda, gravitano. Sullo sfondo una serie di furti nelle chiese e l’incombere di un grande asteroide. Mentre la fine del mondo sembra essere sempre più vicina, Ivan convince Pietro a prender parte a un colpo, con conseguenze drammatiche che colpiranno fatalmente il loro mondo.
E così una provincia inesplorata diviene protagonista, attraverso il suo suggestivo paesaggio, di questo film-metafora (come il vagare dei ragazzi che, proprio come gli asteroidi, si perdono con traiettorie imprevedibili) e coraggioso. La Caselli e Del Bono lavorano senza difficoltà al fianco di ragazzi inesperti ma bravi, provenienti da un workshop e desiderosi (si nota) di mettersi alla prova. Tutto ruota in questo film, dai ragazzi a bordo dello scooter che volteggiano per le vie deserte sino ai destini dei protagonisti, parte di un disegno molto più grande rappresentato dall’asteroide in arrivo e tanto atteso da Cosmic (Alessandro Tarabelloni), l’amico strambo di Pietro (Riccardo Frascari) e Ivan (Nicolas Balotti). C’è tanto nel film di Maccioni, forse troppo: c’è la disoccupazione dilagante, la nevrosi, l’alienazione vissuta dai più giovani in un contesto così affascinante ma ai più poco noto, c’è la criminalità (che finalmente varca i confini del Lazio e della Campania), c’è il simbolismo, la filosofia, forse c’è troppo nel film di Maccioni, ma non tanto da considerarlo un lavoro confusionario. Il regista mantiene il giusto equilibrio in un intrecciarsi di storie e destini tra il detto e il non detto, l’osare e il desistere. Certamente un ottimo esordio.