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Daniel Craig e Janelle Monáe in Glass Onion - Knives Out (credits: John Wilson/NETFLIX)
L’enorme cipolla di vetro che sovrasta l’isola in cui si svolge Glass Onion – Knives Out è evidentemente una metafora abbastanza elementare. È il punto più alto di una struttura che rappresenta tante cose: la reggia di un potente, un resort di lusso per un clan elitario, una finzione scenografica per assecondare l’ego del capo, la rappresentazione allegorica dei rapporti tra il padrone di casa e i suoi ospiti. I molti strati che compongono la cipolla di vetro sono trasparenti, quindi ciò che sta all’interno è visibile anche da fuori, eppure riesce a nascondere il suo centro pur restando in piena vista.
Uno stratagemma facile, però funzionale alla fruizione di questo film largo e popolare, che sceglie un’immagine di forte impatto – e con sé il suo significante – capace di rappresentare tre temi fondamentali del film: il rompicapo, l’amicizia, l’élite.
Tutto molto evidente, nonostante Ryan Johnson si ostini a complicare la matassa anche solo per il dovere di offrire un giallo di per sé – ammettiamolo – è meno giallo di quanto voglia essere. Più che un omaggio sembra una parodia un po’ intellettuale e un po’ nerd del genere, più del precedente Cena con delitto, che adatta tre topoi: la sontuosa location isolata dal mondo, la corale dei sospettati ovviamente legati tra loro, il detective che deve dimostrarsi all’altezza della propria fama.
In questa sua seconda avventura, Benoit Blanc (figura archetipica, investigatore elegante e rinomato, quasi fuori dal tempo e dallo spazio, che si confida in videochat con i compianti Angela Lansbury e Stephen Sondheim: che goduria, Daniel Craig) si ritrova non si sa bene perché tra gli invitati di un weekend con delitto organizzato da uno degli uomini più ricchi del mondo in un’isola greca di sua proprietà. A rendere l’evento ancor più esclusivo è il momento storico: siamo, infatti, nel maggio 2020, nel mondo appena travolto dalla pandemia.
Con spirito sarcastico e beffardo, Johnson mette in scena la differenza tra il mondo normale e i superprivilegiati che, durante i vari confinamenti, non hanno cambiato abitudini né prospettive. Da qui a concedere all’autore i galloni dell’agit prop ce ne vuole e, anzi, ci sembra che questa critica agli eccessi di una classe sociale menefreghista ed egoriferita sia del tutto coerente con l’immagine inclusiva e progressista che Netflix (che distribuisce il film a Natale dopo un rapido passaggio in sala) intende dare di se stessa.
Tant’è che nel carnet di esponenti di questa élite, cioè gli invitati al weekend del magnate di un’indefinita Alpha (Edward Norton occhieggia ad Elon Musk), ci sono una politica rampante, uno scienziato geniale, un’ex modella ora stilista, una social star maschilista: tutti al servizio del capitalismo, tutti a loro modo riprovevoli anche perché totalmente sottomessi al potere finanziario più che carismatico dell’amico miliardario.
Sorta di variante pop di Triangle of Sadness che cavalca il trend della lotta di classe, Glass Onion sembra la versione raffinata e sgargiante di un cinepanettone: la meta turistica, il cast trasversale, le battute che ammiccano alla cronaca, l’impianto brillante, i camei delle star (Hugh Grant, Ethan Hawke, Yo-Yo, Serena Williams). Una provocazione, d’accordo, ma è nel misurare il portato politico all’altezza di una commedia larga e popolare che funziona meglio questo film che somiglia a un Cluedo per principianti (non sveliamo niente ma è indicativo il rapporto tra Blanc e la sua cliente, quasi un’educazione alla risoluzione di un caso).