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Gasoline Rainbow
Ai Ross Brothers, cioè Bill e Turner, l’idea di Gasoline Rainbow è venuta durante il lockdown, ma le contingenze temporali hanno a che fare con lo spirito (il senso della fine, l’orlo del precipizio, la fuga dalla realtà) più che con il sistema di riferimenti. Che invece affonda nel profondo della cultura americana e specificatamente nel mito fondante della wilderness, la riappropriazione delle terre selvagge e il tentativo di riposizionarsi in un paesaggio incontaminato e da dominare. Gioventù, amore e rabbia giovane come se si stesse in un rave permanente, dove i rebel without a cause vagheggiano il retaggio di un passato punk, si lanciano nell’avventura al di fuori delle regole e provano a immaginare un presente diverso da quel che ha scritto il destino.
Gasoline Rainbow come compendio di un mondo e delle sue strade perdute: Il mago di Oz per il palinsesto mitologico, La donna del bandito per il romanticismo della malvivenza, Easy Rider per l’esplorazione dell’ignoto, Streetwise per l’adolescenza ai margini, Kids per l’osservazione degli eccessi, Spring Breakers per l’edonismo fine a se stesso, American Honey per come trascende il white trash. La linea è quella errante del viaggio senza meta, con cinque ragazzi che si lasciano il liceo alle spalle e si mettono alla ricerca di qualcosa d’indefinito (spoiler: “l’esperienza”), dove la linea d’ombra del passaggio è ora in piena luce e ora infiammata da un incendio e comunque sempre en plein air. Le regole rompono gli schemi della tradizione, un po’ cinema del reale e un po’ contenuti social, un po’ heavy metal e un po’ corsa a perdifiato.
L’unico modo per raccontare una generazione e concentrarsi su una parte di essa, osservando le ombre che si allungano a svelare quel che sarà o ad alludere a quel che mai accadrà (trovarsi adulti senza essere cresciuti?) e plasmandosi sui modelli di una calcolata “semi-amatorialità”. Pur rivelandosi infine formalista nel suo essere indipendente (dove col termine si intende l’atteggiamento oltre che la produzione), Gasoline Rainbow rivendica lo statuto indie al di là del cliché, inseguendo le vibrazioni dei personaggi e le tensioni del paesaggio più che la linearità o la logica narrativa, quasi compiacendosi del suo carattere eruttivo e di un’empatia che non è posa paternalista (i registi sono quarantenni, potrebbero essere i padri dei protagonisti).
La sensibilità epica non scontorna la vicenda dalla contemporaneità: l’America che ne viene fuori è spaccata, instabile, ostile a chi resta fuori dal centro, piena di rigurgiti razzisti espressi dalla violenza della polizia, incapace di affrontare il tema dei cambiamenti climatici. Ma è nella rappresentazione dei suoi personaggi che Gasoline Rainbow trova una voce sincera, piena perché orgogliosamente difettosa: l’ultimo viaggio prima della maturità, l’ultimo ballo in riva al mare, gli ultimi primi piani a testimoniare il tempo che non tornerà più. Presentato a Venezia 2023 nella sezione Orizzonti, disponibile su MUBI dal 31 maggio.