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Furiosa: A Mad Max Saga - @ Warner Bros. Pictures
“Oil for oil, teeth for teeth”. Nella contesa tra il roccioso Dementus (Chris Hemsworth) e lo spaventoso signore della Cittadella, Immortan Joe (Lachy Hulme), incomincia a prendere forma l’epica della futura Imperatrice Furiosa (Anya Taylor-Joy).
Strappata da bambina dal Luogo Verde delle Molte Madri in cui viveva, Furiosa viene rapita dall'orda di biker guidati dal signore della guerra Dementus, il cui esercito di motociclisti arriverà presto a scontrarsi con la potenza rivale rappresentata da Immortan Joe. La bambina, poi ragazza, diventa merce di scambio tra i due, prima che il conflitto esploda definitivamente.
Nove anni dopo il travolgente, sensazionale Mad Max: Fury Road, George Miller torna Fuori Concorso a Cannes (l’ultima volta fu tre anni fa con Tremila anni di attesa) con il prequel spin-off dedicato al personaggio che allora era interpretato da Charlize Theron: rivoluzionario dal punto di vista concettuale – di fatto è un film del “Mad Max Universe” che non prevede la presenza del suo eroe eponimo (se si eccettua il brevissimo cammeo, di spalle, affidato allo stuntman Jacob Tomuri, che verso la fine di questo racconto richiama alla mente la scena iniziale del precedente), Furiosa: A Mad Max Saga predilige un apparato narrativo più compiuto, accarezzando i lidi della tragedia greca, ai danni dell’incontenibile spettacolarità che caratterizzava Fury Road.
Questo, intendiamoci, non significa che Miller rinunci totalmente all’apparato action e muscolare, ma tenta di costruire un’epica da romanzo di (de)formazione (dal ritmo non sempre avvincente, anzi) che parte dal lungo preambolo in cui già capiamo quale sia la tenuta “caratteriale” della poi protagonista (non è che si rassegni così tanto facilmente ad essere rapita…), passando poi per il tentativo di camuffarsi da maschio una volta ingabbiata nel regno delle “donne da latte” di Immortan Joe, diventando poi pretoriana dello stesso (qui c’è un buco di sceneggiatura abbastanza importante) e trovando infine la possibilità di vendicarsi del suo primo rapitore, quel Dementus che si sposta su una biga trainata da tre moto, a cui Chris Hemsworth dona una performance disabituale per i suoi standard canonici, ma che a volte sembra rasentare la parodia di altri villain del passato.
In due ore e mezza, dunque, fatti salvi i soliti, incredibili espedienti registici di Miller – l’assalto all’autocisterna, l’imboscata alla Bullet Farm, l’inseguimento finale anticipato da quello in cui finalmente scopriamo come Furiosa perderà il suo braccio sinistro – si attende sempre che il film possa esplodere da un momento all’altro, che da qualche tempesta di sabbia riemerga quel brutale nichilismo che aveva definito i primi due capitoli della saga, unitamente alla travolgente, adrenalinica immersione del più recente Fury Road: non sarà così (per l’aspetto nostalgico si rimanda all’inizio dei titoli di coda, con qualche immagine di quel film che serve a legare l’ultimissima scena di oggi a quel futuro lì), evidentemente sarebbe stato impossibile riproporre quel “modello”.
Resta da capire se e quali ulteriori sviluppi potrà avere un personaggio così, che tutto sommato Anya Taylor-Joy sa incarnare con la dovuta, silenziosa “cazzimma”, e soprattutto se ci sarà ancora un futuro cinematografico per la Wasteland, territorio immaginifico che potrebbe aver esaurito le cose da dire.