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Fur
Ritratto molto libero e personale di una fotografa inquieta, anzi, ossessionata. E' la famosa Diane Arbus, è l'altrettanto famosa Nicole Kidman che la interpreta in Fur, giustamente sottotitolato Ritratto immaginario dal regista Steven Shainberg (ispiratosi alla biografia edita nel 1984 da Patricia Bosworth), già originale esploratore di mondi femminili irrequieti e arditi come quello di Secretary. E come Alice nel paese delle meraviglie scivola nel buco oscuro, precipita in un mondo ignoto di bestie, così la bella e ricca assistente fotografa nella New York del 1958 subisce il fascino della bestia, il fascino del ritratto di un'umanità alterata. Il film segue esclusivamente la trasformazione di Diane da remissiva casalinga a estroversa fotografa, colta nell'attimo della vita in cui si desidera assaporare una libertà creativa compressa e uniformata alle convenzioni della società. Chi scatena l'artista è un vicino di casa, Lionel, misterioso e seducente, cui presta il volto, o meglio gli occhi, il sempre bravo Robert Downey Jr., affetto da inguaribile malattia, ossia la crescita innaturale del pelo. La sua è una fur, una pelliccia, capace di dare sofferenza anziché piacere, come lo fanno invece quelle cui Diane è abituata grazie al commercio di famiglia. Gamma espressiva seducente per Nicole, usa a raffigurare donne atipiche, donne borderline, impegnata in un film che gioca quasi esclusivamente sulla riproduzioni dei suoi sguardi attoniti e dei suoi prolungati dubbi, che già molto si sono conosciuti nel suo precedente Birth, anche quella una storia non troppo lineare e comune. I freaks di cui Diane si è fatta interprete, e dei quali anche un artista come Kubrick conosceva i famosi "scatti" tanto da citarli in Shining, diventano i suoi interlocutori, accompagnandola nel mondo notturno delle miserie morali, dei rifiutati, delle globali povertà. Il film non tocca però questo lato oscuro, complementare e necessario, ma solo l'evoluzione psicologica scatenata dall'incontro tra la bella e la bestia, tra la pulizia della casa ordinata di Diane e l'onirico appartamento di Lionel, tra l'ordine e il disordine, la certezza e il dubbio, la perfezione e i difetti, diventando spesso erroneamente una favola per adulti. Non sarà un sogno, quello della fotografa, ma un drammatico compiersi della sua parabola eccessiva, che si compierà con il suicidio, avvenuto nel 1971.