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Fuori Menù
Maxi, uno chef ossessionato dall'ottenere la preziosa stella Michelin per il suo ristorante di tendenza, vive la sua omosessualità in maniera orgogliosamente sfacciata. A metterlo in crisi arriveranno due figli "ereditati" da un precedente matrimonio di facciata, nonché un ex calciatore con problemi a rivelare le sue tendenze sessuali.
Solo dalla Spagna di Zapatero poteva provenire un film come Fuori Menù, la Spagna che fa il punto su vent'anni di cambiamenti sociali a velocità vertiginosa e che risulta punta di diamante nel certificare i diritti civili dei gay. C'era una volta l'Almodóvar prima maniera del linguaggio sboccato e dei personaggi fieramente fuori dal sistema. Oggi, ci dice il film di Nacho García Velilla, l'orgoglio omosessuale può e deve confrontarsi con le strutture principali della società: famiglia e capitalismo.
Differenza e integrazione sono dunque gli ingredienti mescolati e "cucinati": in maniera semplicistica, ma non senza freschezza. Se il risultato non convince è perché l'evocato modello della commedia di costume anni '50 si rivela inarrivabile per Velilla, qui al suo esordio dopo tanta tv di successo. E infatti sguardo, tempi e valori tecnici sono da piccolo schermo.