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Fuga di cervelli
Avanti un altro. Dopo aver attinto a piene mani da Zelig (da Checco Zalone a Ficarra e Picone), Italia Nostra pesca da Colorado, che è un pò il gemello sfigato del primo. La conferma arriva, suo malgrado, dall'esordio alla regia di Paolo Ruffini, perdente su tutta la linea: dai protagonisti ("s-figati, ovvero coloro i quali sono sprovvisti di f..a", copyright di Ruffini medesimo) all'operazione in sé, che prova a buttare nella mischia del cinema tricolore il college-movie alla Porky's, salvo poi assortirlo malamente con situazioni, comicità e caratteri provenienti dai più disparati satelliti della comicità italiana, dalla "scuola" dei toscanacci (alla quale Ruffini stesso appartiene) a quella napoletana (è l'universo di Frank Matano e Biagio Izzo), senza dimenticare la volgarità pierinesca, quella degli idioti e il cinepanettone aureliano (in uno dei quali era già apparsa la bellona di turno, Olga Kent, qui doppiata da una voce da Mulino Bianco).
Ma la lista dei riferimenti potrebbe essere ancora più estesa, se ragionassimo sui personaggi - basterebbe citare il catatonico fattone à la Lebowski o il paraplegico irriso alla Quasi amici, per non dire del "non vedente" Ruffini in una imbarazzante pantomima del cieco Gene Wilder: una cosa è ridere "con" i disabili, un'altra "su" - o sugli sketch, tutti più o meno riciclati.
Fuga di cervelli è davvero una sorta di Hellzapoppin della peggio commedia italiana, scorretta ma fino a un certo punto (attenzione, il moralismo fa capolino), derivativa e involuta, volgare senza essere trasgressiva (basti pensare al ruolo riservato alla donna, ancora "preda" da sedurre).
Decenni di storia della comicità e stiamo ancora a ridere (?) di handicap, peti e parolacce. Produce Colorado Film, che un tempo sfornava cult come Puerto Escondido. Imbarazzante da parte loro, inquietante dalla nostra: davvero ci meritiamo questo?