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Alice (Marion Cotillard) e Louis (Melvil Poupaud) sono sorella e fratello coltelli. Lei, attrice, odia lui, scrittore, e il lutto di lui, che ha perso il figlio avuta da Faunia (Golshifteh Farahani), ha esacerbato il dissidio, amplificato la distanza. La riaccorciano, nolenti entrambi, quando i genitori hanno un incidente d’auto: al capezzale vige una stretta alternanza, ma è l’inizio della svolta per fratello e sorella.
È Frère et soeur di Arnaud Desplechin, che torna in Concorso a Cannes – Tromperie l’anno scorso era a Cannes Premiere – dopo Roubaix, une lumière del 2019.
Desplechin è bravo, ma non costante, anzi, è ondivago: i due precedenti sono superiori a questo. Per carità, ha gusto, empatia ed eleganza, ma qui la storia non convince, non del tutto: perché il problema è del racconto, l’ha scritto lui, e non Philip Roth (Tromperie). E c’è troppo, sia per Alice che per Louis, che per tutti gli altri. Cotillard, rediviva, è brava, ordinariamente, ma la sua Alice manca di definizione personale – più disturbata che disturbante - con l’aggravio di due accolli, una non meglio precisata homeless romena, Lucia (Cosmina Stratan), cui si confida e il figlio (Joseph Max Baissette de Malgaive, inquietante), un cerbiatto alieno. Poupaud è un attore meno bravo, con l’aggravio di Farahani, più bella che brava, in un ruolo scostante e di una teoria di luoghi comuni addosso: scrittore, beve a più non posso, si fa di oppio, ha con lo psichiatra Zwy (Patrick Timsit) un’amicizia elementare, nel senso di scuola.
Insomma, lo stile non salva la poetica, un po’ bohémien, un po’ radical chic, un po’ “quanto so’ bello che soffro”, ma di vasta e financo estrema superficialità, dall’incidente d’auto da seconda (terza?) unità di action lowbudget americano all’incesto adombrato e motteggiato tra fratello, che le si infila nudo nel letto, e sorella. A soreta.
Decisamente, da Desplechin ci aspettavamo, perché abbiamo visto, cose migliori. E ora recuperate Roubaix e Tromperie.