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Cosa rimarrà del transito terrestre di Franco Battiato?
Questo è l’emblematico quesito che si impone fin da subito nel docufilm Franco Battiato - La voce del padrone, una coproduzione RS Productions e ITSaRT, diretto da Marco Spagnolie proiettato in anteprima mondiale al 68. Taormina Film Fest.
Un interrogativo che si fa premessa della narrazione documentaristica e divulgativa, ma anche parola d’ordine della complessa missione di esteriorizzare la più intima rappresentazione del cantautore siciliano. Perché approcciarsi a ciò che ha simboleggiato un artista così mastodonticamente rilevante come è stato Battiato, cercando di contemplare ogni molteplice accezione del termine, non è cosa facile.
E non è altrettanto semplice porsi come obiettivo il farne comprendere l’essenza, scevra da ogni condizionamento, a chi superficialmente ha conferito a Battiato l'etichetta del compositore “troppo” colto, al di sopra di ogni logica compositiva, musico di melodie sperimentali, arricchite da testi eruditi e spesso incomprensibili.
Per assolvere l’alto compito, il film adotta come mezzo esplorativo, il viaggio, dal Nord al Sud d’Italia, alla ricerca delle autentiche componenti del maestro, estrapolate dalle testimonianze, reminiscenze e familiari considerazioni che confidenzialmente si incasellano l’una accanto all’altra.
Ad assumere la veste di prosatore, Stefano Senardi, amico pluriennale e tra i volti più influenti dell’industria musicale italiana, il quale si destreggia nel duplice ruolo di testimone del vissuto condiviso con Battiato e di intervistatore, mai disinteressato, di colleghi, amici ed esperti, condividendo con questi ultimi il privilegio e la responsabilità di impegnarsi nel “trattare con cura quello che ha lasciato Franco”.
Viaggio nella memoria, quindi, ma anche excursus dinamico della carriera dell’autore, adottando come punto di partenza temporale il suo album più determinante, quello che può essere considerato la chiave di volta nell’evoluzione della musica italiana che da quel momento in poi non potrà più essere la stessa: La Voce del Padrone, uscito nell’autunno del 1981.
La portata del cambiamento che questo LP (il primo in Italia a vendere un milione di copie) portò nei neonati anni Ottanta è assoluta. Battiato infatti in soli trenta minuti, e poco più, rivoluzionò profondamente il panorama musicale e culturale italico, presagendo quelle dinamiche identitarie e storiche che per tutto il decennio hanno contraddistinto il nostro Paese. Battiato però fece molto di più: programmò (nel vero senso della parola) il successo per raggiungere il vasto pubblico al fine di divulgare la sua proposta artistica che, con inaspettata veemenza, colpì intere generazioni divenendo espressione militante della nuova cultura. Ma i suoi eclettici interessi non si limitarono alla musica, spaziando nell’arte, dalla pittura al cinema (con la sua unica pellicola Perdutoamor (2003)), facendo dello studio e della ricerca strumenti del proprio pensiero e cardini di un’etica gentile.
Franco Battiato - La Voce del Padrone, minuto dopo minuto, si struttura come navigazione che, partendo dall’esterno giunge agli aspetti più privati, riesce a trasmettere allo spettatore Battiato come anima, e non solo come compositore. Un pellegrinaggio che sembra avere anche il compito di esorcizzarne la scomparsa ed omaggiare, allo stesso tempo, l’energia vitale tramandata da un essere umano che alla domanda “Cosa ti piacerebbe rimanesse di te?” rispose “Un suono, vibrazione di quello che sono”.