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Sederi debordanti. Seni giganti. Tanta carne e tanti nudi. E’ l’arte del fotografo ceco di origine ebraica Jan Saudek che conosciamo attraverso il film Fotograf. Usava solo macchine fotografiche vecchio stampo non concedendosi al digitale, il suo credo era quello di non smettere mai perché altrimenti non si ricomincia più e amava le donne sia quelle che hanno sfilato davanti al suo obiettivo che quelle che lo hanno circondato nella vita privata (figlie, mogli, amanti e ammiratrici) così ce lo racconta la regista Irena Pavlásková che ha scritto la sceneggiatura del film a quattro mani insieme allo stesso Jan.
Arrestato da giovane con l’accusa di diffusione della pornografia e di costumi capitalistici e diffusione del sionismo da parte del regime comunista che riteneva l’arte un non-lavoro e che lo obbligò ad andare a lavorare in fabbrica. Da bambino rinchiuso in un campo di concentramento e finito nelle mani di Joseph Mengele, il terribile medico di Auschwitz. Il grande fotografo rimase traumatizzato dal suo passato quando con l’occupazione tedesca del marzo 1939 i suoi genitori furono deportati e perse molti dei suoi familiari nel campo di concentramento di Terezìn. Forse proprio per questo amava fotografare donne in carne come se in qualche modo associasse la magrezza con la sofferenza e, avendo conosciuto la fame, con i campi di concentramento.
E forse proprio per questo diceva di se stesso: “Io sono un dubbio ambulante, ma di una cosa sono certo non si può cancellare quello che è successo perché la storia si imprime nei nostri geni”. Nei panni di Jan Saudek l’attore Karel Roden che interpreta l’artista conteso dalle donne che hanno condiviso la sua vita burrascosa provando in ogni modo a riportarlo sulla retta via e a strapparlo dalle altre donne, ma senza successo. Fotograf è quindi una commedia amara con elementi erotici che entra nel mondo dei desideri e delle paure di un artista che con le sue fotografie ha saputo raccontare il nudo.