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Non basta cambiare l’ambientazione per fare una saga.
Nel 2020 l’essiccato deserto australiano preda della siccità fu lo scenario del riuscito The Dry – Chi è senza peccato. Protagonista l’agente Aaron Falk (un Eric Bana tanto statuario quanto tormentato) costretto a indagare sull’omicidio-suicidio dell’amico d’infanzia Luke.
Quattro anni dopo il successo inaspettato il thriller ha il suo sequel. Però è rimasto invariato quasi tutto: si replicano il protagonista, la missione, il suo scavo al passato, il trauma, il tipo di delitto da risolvere, i personaggi impastati di Bene e Male. A variare è solo lo scenario d’azione, comunque sempre naturalistico: dal deserto alla foresta pluviale.
La formula gattopardesca, la location forestale, il cast corale con inclinazione al femminile, il ritmo moscio delle indagini, il focus divo-centrico “innervano” il fiacco Force Of Nature – Oltre l’inganno, bizzarro titolo italiano (in originale è semplicemente The Dry 2) che adombra i propositi di sequel e evidenzia, invece, la filiazione letteraria (il soggetto proviene dal bestseller omonimo dell’australiana Jane Harper pubblicato nel 2018), ma si sovrappone, così, al dramma acquatico con protagonista Mel Gibson del 2020.
Sequel o film a sé, Connolly inquadra comunque un animoso quintetto di colleghe che, per ristabilire l'armonia perduta in ufficio, organizza un’escursione in una foresta tanto rigogliosa quanto minacciosa. L’avventura si rovescia presto in incubo e faida con tragedia: al ritorno manca la mina vagante Alice che è pure informatrice in incognito del detective Falk, già intento a far luce su presunti affari illeciti dell’azienda che stipendia le donne.
Come da aspettative, la proibitiva ricerca della donna nella foresta per Falk si lega a doppio filo, fino a sovrapporsi alla riscoperta di un trauma (l’ennesimo) vissuto in infanzia. Un indagine che si impappina e procede poi tra versioni discordanti delle superstiti, attriti, invidie, segreti che man mano vengono a galla, e una polizia temporeggiatrice, inadeguata al compito.
Opera stantia, schematica, incapace di osare, di assumersi il minimo rischio creativo, narrativamente Force Of Nature gioca male le sue carte (l’invidia caina tra donne di scescipiriana memoria; le insidie di una natura arcana e miacciosa; i rancori sopiti dentro una comune al femminile; il protagonista traumatizzato).
Un film dalla schematica tavolozza verde nel bosco, bruna nell’albergo (la fotografia è a cura di Andrew Commis), frenato da dialoghi didascalici, figli della smania continua di spiegare, mostrare, chiarire, mentre il genere richiederebbe tutt’altro, anzi l’opposto.
Force Of Nature, o dei limiti di un film divo-centrico mal gestito (Eric Bana, oltre che protagonista è co-produttore): confondere le identità, anzi schiacciarle fino a rendere quasi cartapesta i comprimari del protagonista.