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credits: Apple TV+
SERIE DISPONIBILE SU APPLE TV+
(2021) - 10 EPISODI
IDEATORE - Josh Friedman, David S. Goyer
CAST – Lee Pace (Fratello Giorno), Jared Harris (Hari Seldon), Lou Llobell (Gaal Dornick), Alfred Enoch (Raych Seldon), Leah Harvey (Salvor Hardin).
Viviamo un momento storico complesso a livello mondiale tra cambiamento climatico, pandemia e sfiducia nella scienza, e forse non è un caso che proprio ora giunga finalmente la possibilità di vedere trasposto sullo schermo il cosiddetto ciclo delle Fondazioni scritto da Isaac Asimov a partire dal 1951. L'arte rispecchia l'ambiente in cui è stata creata e la fantascienza odierna riflette un fatalismo non del tutto immeritato sul futuro del nostro pianeta e della nostra civiltà. Quindi non sorprende che Apple TV+ guardi al passato per narrare una storia in cui l'intelligenza e la lungimiranza sono centrali. Turbati come siamo dai recenti eventi della vita reale, ci sorgono comunque dei dubbi sulla crociata di Hari Seldon, lo scienziato al centro della rivoluzione narrata dalla serie: magari le sue sono soltanto bufale, e lui è un truffatore.
Fra l'altro Fondazione è in buona compagnia quanto a revival d'altri tempi, se pensiamo che in sala troviamo ancora Dune diretto da Denis Villeneuve (tratto dall'omonimo romanzo che Frank Herbert pubblicò nel 1965).
credits: Apple TV+Per moltissimi anni – decenni – il ciclo delle Fondazioni è stato giudicato "infilmabile" per la notevole mole (sette romanzi in totale, per oltre 2300 pagine nell'edizione italiana) ma pure per la complessità della struttura nonché per la carenza di azione, come riconosciuto dallo stesso autore: Asimov ha infatti criticato in parte il nucleo originale quando, negli anni Ottanta, è tornato a lavorarci su, lamentando che la prima trilogia consisteva per lo più di conversazioni e divagazioni filosofiche con pochissimi avvenimenti e suspense. D'altronde Seldon è un professore di matematica, non esattamente garanzia di dinamicità.
Non da ultimo a rendere complicata la trasposizione audiovisiva – vari gli approcci che si sono susseguiti negli anni - c'è il notevole arco temporale abbracciato: l'orizzonte che ci si squaderna davanti si misura nell'ordine dei millenni. Alcuni dei numerosi personaggi, poi, vanno e vengono attraverso anni, decenni, secoli, mentre altri svaniscono nel tempo che inevitabilmente trascorre.
Sicuramente, rispetto ai tentativi cinematografici abortiti in passato, la forma della serialità televisiva è l'abito più soddisfacente.
Per quanti sono digiuni di termini quali psicostoria, Impero Galattico e Crisi Seldon, i romanzi di Asimov sono ambientati in un tempo futuro in cui l'umanità ha espanso i propri territori in un numero enorme di pianeti sparsi nell'universo, tanto da non avere più memoria dell'origine comune da un singolo luogo. La Terra è ormai relegata a un mito nel migliore dei casi, se non a una strampalata fantasia priva di senso. Questo gran numero di persone vivono, più o meno pacificamente tra loro, secondo le leggi di un imperatore appartenente a una dinastia familiare un po' più complessa delle stirpi reali cui siamo abituati. Seldon, matematico e psicostoricista con la capacità di "prevedere" il futuro, annuncia che suddetto impero sta per collassare, fornendo al contempo la sua strategia per evitare che tutta la conoscenza umana accumulata fino a quel momento si dissolva.
La soluzione proposta da Seldon coinvolge in maniera diretta anche la figura dell'imperatore, che a sua volta impone una contromisura alternativa che prevede l'allontanamento di Seldon e dei suoi non molti seguaci nel remoto pianeta Terminus al fine di creare la Fondazione, l'istituzione atta a preservare il sapere dall'inevitabile crollo della civiltà e a guidare la specie attraverso le nuove crisi che verranno. Questo non è che, per forza di cose, uno stringato riassunto degli avvenimenti principali.
Di David S. Goyer, creatore, showrunner e produttore esecutivo di Foundation, sappiamo che ha presentato a Apple TV+ un progetto complessivo di otto stagioni (ottanta episodi!) e che non gli avrebbero permesso di procedere con la prima stagione se non avesse avuto già ben chiara la seconda. La prima stagione è senza dubbio audace, ambiziosa, maestosa. Valeva la pena? La risposta a questa domanda non ha per fortuna bisogno delle previsioni di uno psicostorico: inequivocabilmente SÌ, inevitabilmente con alcuni (pochi, piccoli) MA.
credits: Apple TV+Visti i precedenti progetti fallimentari che hanno coinvolto grosse società di produzione come Columbia Pictures e cineasti del calibro di Roland Emmerich, la felice complessità e la forza narrativa di Fondazione sono una piacevole sorpresa. Il necessario rimodellamento, o riequilibrio, che Goyer ha apportato per l'adattamento televisivo segue la scia degli assestamenti che Asimov stesso ha apportato nella sua scrittura più recente; non si è certo trasformata in una storia tutta azione e pallottole, ma dopo i primi episodi (più riflessivi) troviamo una buona dose di esplosioni, combattimenti, morti violente.
La rielaborazione di Goyer passa anche e soprattutto attraverso scelte raffinate. Come il gender swap applicato a tre personaggi cardine della storia: Gaal Dornick, Salvor Hardin ed Eto Demerzel, rispettivamente discepolo di Seldon, guardiano di Terminus e robot al servizio dell'impero, che si trasformano in ruoli femminili, diversificando e attualizzando in modo genuino una storia pensata in tempi diversi dai nostri. Ma il vero tocco da maestro è la tripartizione dell'imperatore Cleon, in cui il sovrano in carica, denominato "Fratello Giorno" condivide il potere con il più giovane "Fratello Alba" e il più anziano ed emerito "Fratello Tramonto". I tre sono tutti cloni di Cleon I, il primo regnante di questa dinastia genetica che, millenni orsono, decise di rendersi "immortale". Ogni volta che il Fratello Tramonto è vicino alla fine della sua vita terrena si reca sua sponte a farsi polverizzare, non prima che un nuovo clone, cresciuto in un acquoso utero artificiale, diventi il nuovo Fratello Alba. Eternamente identici a loro stessi, i tre Cleon vivono un'esistenza terrena sotto la supervisione millenaria di Demerzel, l'ultimo robot vivente nell'intero impero, un mito di cui si vocifera ma la cui vera natura è celata a tutti.
Le vicende dei tre imperatori - le dinamiche tra i "fratelli" che lottano con i loro ruoli e le loro eredità e il loro rapporto con Demerzel - sono le più affascinanti: essendo cloni del primo imperatore, vivono una sorta di immortalità in cui i concetti di spazio e tempo non hanno più significato; ma essi sono comunque singolarmente mortali la cui vita ha una parabola identica a quella di tutti gli altri (nascita, crescita, maturità e morte), e attraverso di loro la serie si interroga continuamente, e in modo molto stimolante, su cosa significhi essere umani.
I Cleon sono immobili rispetto all'evoluzione e l'impero lo è con loro, pur continuando ad accumulare e salvare e riversare ogni esperienza e ogni conoscenza nel clone successivo. Di fatto, trasmettono perpetuamente loro stessi ed è proprio questo stagnazione, nella previsione di Seldon, che provocherà la fine del loro millenario regno. Ma qualcosa di diverso accade nel regno dell'immutabilità. Se non c'è evoluzione, c'è morte, è in sintesi il monito di Seldon; riusciranno i Cleon ad abbracciarlo, o almeno a comprenderlo? Paradossalmente i cloni, su cui aleggia il sospetto mostruoso di non possedere l'anima, sono il volto umano (o i tre volti umani) dell'impero, una personificazione meno astratta e remota rispetto alla narrazione di Asimov.
Eppure allo stesso tempo ci si chiede se siano davvero umani, anche nel paragone con l'androide Demerzel, apparentemente più vicina al mondo delle emozioni e della spiritualità. Questo movimento del divino verso l'umano, rappresentato dall'arco narrativo degli imperatori, si intreccia con il movimento inverso, ovvero alcune persone semplici che scoprono di possedere doti straordinarie che li spingono verso il divino – letteralmente, verso la divinazione; una soluzione narrativa che rimane forse la caratteristica drammaturgica più forte della serie.
credits: Apple TV+Gaal e Salvor sono persone ordinarie (e apparentemente distanti tra loro anni luce) che si rivelano essere delle eroine, delle predestinate che grazie alle loro capacità speciali finiranno per compiere gesti straordinari. Di contro, e questo è un limite: sembra che abbiano possibilità infinite, come se le loro storie non potessero mai chiudersi. Non sono propriamente immortali, quindi non vivono il dramma di esserlo (gli imperatori sì, sono immortali a modo loro) e anzi non appaiono scalfite dai numerosi drammi che vivono. Sono esseri umani, sì, ma senza prospettive umane. Proprio per questo probabilmente le storie d'amore e le scene di sesso appaiono sempre liminari, affrettate, mosse dall'urgenza. Il loro destino è uscire dal tempo, e questo li accomuna a Seldon, insieme al quale perdono quella specificità dell'essere umano che è data proprio dalla morte.
L'atto conclusivo della vita è infatti il concetto su cui si basano da sempre il significato e le coordinate stesse dell'umanità; il salto qui è una premessa filosofica in cui spazio e tempo di fatto perdono importanza. Ma questa "mancanza" del racconto stimola comunque domande fondamentali nello spettatore: quali saranno le nuove coordinate che identificheranno l'essere umano in questo nuovo mondo in cui le tre dimensioni sono solo dei confini valicabili? E, soprattutto, basteranno altre sette stagioni di Fondazione per rispondere?