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First Cow ( "La prima mucca") di Kelly Reichardt è anche il primo candidato all‘Orso di questa Berlinale. Un film ambientato nel selvaggio West non deve essere per forza un western. “L'inizio è sempre la cosa più difficile”, dice l'immigrato cinese nascosto nelle foreste dell’oregon King-Lu a circa metà film. “I poveri hanno bisogno di capitali per iniziare qualcosa, un miracolo, o un crimine".
Reichhardt, che come regista indipendente non si guadagna da vivere solo con il cinema (insegna anche cinema), fa iniziare il suo nuovo lavoro con qualcosa che sembra un crimine: mentre il capitale di oggi ha caricato di centinaia di tonnellate di container una gigantesca chiatta da carico che si intravede dalla riva di un fiume, una giovane donna sta scoprendo su quella riva due scheletri umani. I morti, che lei e il suo cane trovano accidentalmente, giacciono fianco a fianco, una mano sopra l’altra. Anche la fine di una storia può essere un buon inizio. Come è nata dunque questa?
Come nel precedente lavoro di Reichardt Certain Women, anche qui un mezzo di trasporto che trasporta merci attraversa le prime inquadrature (lì era un treno merci). Ancora una volta come in Wendy e Lucy, un cane e una donna vagano, un’immagine di sradicamento derivata dal mito dei coloni. Ma il film non parla di questa donna. Dopo il breve prologo, Reichardt taglia una scena che risale a più di un secolo e mezzo prima, mentre la sapiente macchina da presa di Christopher Blauvelt rimane in basso, attaccata suolo: la mano di un uomo sta raccogliendo con cura dei funghi. È lo stesso posto sul fiume?
First Cow è un western (come Meek’s Cutoff di Reichardt), un film su una mucca e sul capitale, e un film sull'amicizia. First Cow però fa a meno degli stereotipi che spesso caratterizzano i film sull'amicizia dove di solito due personaggi opposti devono combattere circostanze avverse, superare le loro differenze e con grandi gesti raggiungere un esempio di umanità.
O, nel caso del Western, qualcuno deve seguire la propria strada, iniziare qualcosa dal nulla, scrivere la sua parte del grande mito. Qui i due outsider Otis "Cookie" Figowitz (John Magaro) e King-Lu (Orion Lee) sin dall'inizio hanno più cose in comune di ciò che li separa. Una vicinanza di anime che ha a che fare con il rispetto, e non con l'origine. Siamo nell'Oregon freddo e umido nel XIX secolo. Cookie è un cuoco, cresciuto come un orfano nel Maryland, che per sopravvivere si unisce a un gruppo di cacciatori banditi che lo considerano più uschiavo che cuoco. King-Lu viene dalla Cina ed è arrivato in Oregon alla ricerca di un'idea imprenditoriale, del sogno. Inizialmente, Cookie pensa si tratti di un indiano, non sapeva che ci sono cinesi in Oregon. "Ci sono tutti qui", risponde King-Lu pragmaticamente e senza risentimento. Nessun motivo per un conflitto. I due si uniscono nell’amicizia e pianificano con calma e allegria i loro piani. È la sensazione di sradicamento a unirli più del sangue.
Il grande proprietario terriero locale di Londra (Toby Jones) ha urgente bisogno di latte nel suo tè e ordina una mucca. Il bellissimo animale viene portato attraverso il fiume, legato a una zattera. Toro e vitello sono morti lungo la strada. Cookie e King-Lu decidono di mungere segretamente di notte la prima mucca mai vista su quel territorio, per preparare ciambelle di tradizione inglese e venderle al mercato locale. Indigeni e bianchi si mettono in fila avidamente, presto anche il proprietario della mucca, che vive il suo momento Proustiano con gli occhi umidi e senza sospettare alcun male: "ha il sapore di Londra, South Kensington!". King-Lu vuole continuare. Cookie, quando il sacco dei soldi è già pieno, vede arrivato momento di proseguire verso ovest prima di essere scoperti. Ma si sa, i moderati, non sono stati sempre in grado di affermarsi nella storia dell'Occidente.
Reichardt ha scritto la sceneggiatura insieme al suo co-autore di lunga data Jonathan Raymond e ancora una volta è riuscita a creare un ritratto dall’atmosfera opulenta, gravida di immagini dense di un'America remota e tranquilla. Sorprendentemente First Cow è spesso divertente, ad esempio quando Cookie si avvicina alla mucca con cortesia e le chiede del "marito" e del vitello. La calma che ha regnato finora nella storia è ora interrotta dalla brutalità realistica. I due vengono scoperti e comincia una spietata caccia all’uomo. Sono i piccoli gesti e le cose che compongono questo film, tanto delicato quanto monumentale, a farlo brillare e in modo poco sentimentale.
Tutto in questo film, dalle antiche canzoni dei primi coloni che scorrono e scoloriscono attraverso le immagini, alle foglie che coprono il suolo della foresta, sembra, alla fine, trasformarsi in terra. Quando la cinepresa nella scena iniziale, forse l'unica volta nell'intero film, alza lo sguardo sugli alberi, verso gli uccelli, il viso della ragazza si illumina. Come se avesse trovato un tesoro. O visto un miracolo.