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Fine pena mai
49 anni di carcere nell'isolamento dell'Asinara. Tra calcinacci caduti, sbarre, mare ed ore immobili. Per i reclusi in regime di 41 bis la condanna è una stasi senza tempo nè spazio. Le prime sequenze di Fine pena mai di Barletti & Conte (tra i fondatori della Fluid Video Crew) sono immagini di una sparizione. Il protagonista, il gangster Antonio Perrone, è messo fuori campo insieme alla voce narrante. Destinato a ripetere una fine uguale a se stessa. Senza fine. Stacco e nastro riavvolto. Dalla coda agli inizi, secondo una consueta scansione del gangster-movie americano (qui ampiamente saccheggiato). Ritroviamo il protagonista - un disadattato Claudio Santamaria - muovere i primi passi tra sniffate di coca, sacchi di eroina e pistole. Immancabile coté familiare con moglie complice/vittima (Valentina Cervi), e figlio a carico. Il resto è progressiva ascesa e brusca caduta di un "apostolo dell'edonismo". La prima volta in carcere, la perdita degli amici, l'affiliazione a quelli che contano, la Sacra Corona Unita che in pieni anni '80 gestiva tutto il malaffare pugliese. Quadri antropologici di un Salento rimosso, lontano da vulgate agiografiche e spiato nel suo cuore di tenebra. La parte più interessante del film, quella che meglio tradisce la vocazione documentaristica e, a tratti, perturbante, del duo di regia (già autori del grottesco docu-fiction Italian Sud Est). Il resto è routine, anzi clichè. Con alcune sequenze ricalcate sui grandi capolavori scorsesiani e citazioni sparse dallo Scarface di De Palma. E poi luoghi, facce e violenza comuni al cinema di genere, ma filtrati da uno sguardo atipico. E inadeguato. Come la scelta di trattare "oggettivamente" un impianto diegetico incentrato sul protagonista e in soggettiva. O il travaso non richiesto di vezzi autoriali (molte verticali e piani lunghi) e (troppe) parole in libertà in un meccanismo che dovrebbe essere più fluido e serrato. Anomalie che pregiudicano l'identificazione del pubblico e infilano nel congelatore una materia scottante. Fino allo straniamento e alla noia. Liberamente ispirato al romanzo autobiografico Vista d'interni di Antonio Perrone. Musiche originali dei Brutopop.