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Credits: ©️Prime Video & Amazon Studios
“Notizia è l’anagramma del mio nome, vedi” gli cucì addosso Ivano Fossati (maestro) e proprio quel verso di Indietro torna alla mente di fronte a Ferro. Non tanto perché in questo documentario prodotto da Banijay Italia (dal 6 novembre su Amazon Prime Video) ci siano particolari rivelazioni succulenti, notizie, insomma, che offrano del personaggio una visione se non divergente perlomeno alternativa, no.
Ma perché, sempre in quella canzone, c’è una frase che arriva dopo e ci appare perfetta per capire i limiti dell’operazione: “e so che serve tempo, non lo nego”. Tempo, ecco. Tiziano Ferro ha quarant’anni e, come tutti gli artisti esplosi molto giovani, sembra imprigionato in una giovinezza ormai esaurita e al contempo lo percepiamo più grande di quanto l’anagrafe testimoni. Troppo giovane per essere un classico, troppo adulto per raccontare gioie e dolori giovanili, alla ricerca di uno spazio discografico più che di un’identità artistica, Ferro si presta al documentario diretto da Beppe Tufarulo nella fase in cui la sua carriera appare un po’ appannata.
Tutto questo stallo creativo (piuttosto interessante) in Ferro finisce per essere travolto dal racconto di se stesso: il ragazzo timido e obeso dalla voce potente e l'estro ammirevole, diventato popstar dopo dieta radicale, il divo che deve tacere sulla sua omosessualità per doveri di facciata, il provinciale (di Latina) che di fronte alle insidie di un successo incontrollabile si rifugia nell’alcol, l’amore salvifico…
Credits: ©️Prime Video & Amazon Studios
In Ferro, Tiziano si concede come nelle clip che nei talent show raccontano il “percorso” del concorrente, con l'intenzione non solo di narrare ma anche di commentare, spiegare, parafrasare. Si restituisce come ex alcolista in costante terapia (religiosa), emigrato (di lusso) alla ricerca di orizzonti domestici oltreoceano, cantante che non arriva alle note alte sul palco più famoso d’Italia e si danna dietro le quinte. Di controcanto, il supremo Massimo Ranieri, con cui a Sanremo duetta, con il suo solo apparire trasmette l’idea che tutto sia così naturale.
Debolezze, fragilità, imperfezioni che finiscono per consegnarci non la complessità di una persona tutt'altro che banale ma il suo desiderio di apparire come modello edificante. Ferro è materiale a disposizione dei fan, autoritratto che poco sa dialogare con il resto del pubblico, privo della distanza utile per offrire qualcosa di meno controllato e autorizzato. Ci sono le canzoni, sì, ma è come se si ricorra al repertorio (peraltro pregevole) più per rinsaldare il legame con i fan che all’interno di un vero discorso narrativo.