PHOTO
È il classico documentario fatto di interviste che si alternano a materiali di repertorio (unica novità: i brevi intermezzi grafici animati usati come punteggiatura). Eppure lascia il segno, forse perché è un mondo a parte, quello di Federico Fellini. Una Fellinopolis, che ci racconta con estrema bravura la regista Silvia Giulietti, già autrice di doc quali Gli angeli nascosti di Luchino Visconti (2007) e La morte legale (2018).
Dal 10 giugno al cinema distribuito da Officine Ubu questo doc emozionante e commovente si distingue per le preziose testimonianze dei più fedeli collaboratori di Fellini: la regista Lina Wertmüller, il compositore Nicola Piovani, lo scenografo Dante Ferretti, il costumista Maurizio Millenotti e la segretaria di edizione Norma Giacchero. Ma soprattutto per il prezioso materiale degli Special- Backstage girati da Ferruccio Castronuovo, all’epoca utilizzati per il lancio dei film (conservati nella Cineteca Nazionale da oltre quarant’anni).
Sui set di Casanova, La città delle donne, E la nave va e Ginger e Fred abbiamo il privilegio di osservare attraverso il “buco della serratura” il Maestro al lavoro. Dietro le quinte dei suoi film, nel teatro 5 di Cinecittà, vediamo i suoi attori, i professionisti (in primis Marcello Mastroianni, suo alter ego) e i tanti non professionisti per i quali Fellini provava una profonda gratitudine perché gli permettevano di dare volto ai personaggi fluttuanti nella sua fantasia come impalpabili immagini di un sogno. E poi: il mare, il circo (da lui definito “un cerchio magico”), i rinoceronti volanti, i balli (“la prima cosa che un attore dovrebbe saper fare è danzare”) e i nani.
Non c’era un copione, regnava l’improvvisazione. Tuttavia era un perfezionista. Nando Orfei racconta che mentre girava Amarcord gli fece ripetere ventitré volte la stessa scena: dovette mangiare ben ventitré cosce di pollo!
“Non mi riconosco nel tipo di regista che urla e fa il dittatore”, diceva Fellini. Cordiale, ma anche cattivo, ogni tanto faceva finta di fare il burbero, poi si girava e rideva, racconta Dante Ferretti. Incuriosito dall’universo femminile, bugiardo come molti artisti (“Diventava rosso quando diceva la verità”: parola di sua moglie Giulietta Masina da lui sempre protetta come se fosse una bambina). Era sempre sull’oggi, alla ricerca, Fellini era uno che si divertiva lavorando e che faceva sentire a suo agio ogni collaboratore perché, come ricorda Piovani, aveva capito “da uomo intelligente che così lo induceva a collaborare meglio e così ti toglieva qualsiasi ansia prestazionale, portandoti verso un atteggiamento giocoso”.
Una volta lui e Piovani si persero in macchina per strada. Il giorno dopo Piovani gli disse: “Federico, e se ci perdiamo un’altra volta?”. Lui rispose: “Speriamo”. Ecco, se volete perdervi anche voi guardate Fellinopolis.