La prima cosa che ci si chiede dopo cinque minuti dall'inizio di Fascisti su Marte (anzi, "facisti"), è: "Ma sarà tutto così?". La risposta è tragicamente affermativa: cento minuti circa di immagini commentate per quasi tutta la loro durata dalla voce fuori campo di quel geniaccio di Corrado Guzzanti. Che però stavolta sbaglia mezzo, nel senso che il cinema, considerati anche i micidiali risultati dell'illustre sorella Sabina, non sembra proprio adatto alle corde della composita famiglia. Fascisti su Marte è un prodotto che ha avuto una gestazione lunghissima ed è verosimile che se non ci fosse stato il decisivo intervento della Fandango non sarebbe mai arrivato sul grande schermo. Il che non sarebbe stato necessariamente un male essendo l'opera molto più adatta alla televisione. Seppure somministrata a piccole dosi, perchè Fascisti su Marte, peraltro figlio del programma satirico di RAI 3 Il caso Scafroglia, procede per accumulo ed ha una struttura che potrebbe permettergli di durare all'infinito, diventare eterno. Come in effetti eterna a volte dà la sensazione di essere la proiezione.  L'espediente di virare in rosso le immagini, al di là della facile lettura politica, ci ricorda un po' il trucco usato da Anthony W. Dawson, alias Antonio Margheriti, nel film Space Men, del 1960. In quell'occasione il regista si inventò che nello spazio i colori scomparivano e questo gli permise di risparmiare usando per la maggior parte della pellicola solo il bianco e nero. Poi, volendo andare oltre con le parentele cinematografiche più improbabili, ci viene in mente Pervie na lune, ovvero The First On The Moon, presentato nella edizione 2005 della mostra veneziana da Aleksey Fedortchenko. Il sottotitolo era Gagarin, primo uomo sulla Luna?. Alla luce di tutto ciò si addiviene alla ulteriore conferma che nel cinema nulla si inventa,  e che a volte la televisione non fa poi così tanto schifo.