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Prima di Lost c’era Fantasilandia. Era una serie andata in onda tra il 1978 e il 1984, e fu un successo per la Abc, con ben sette stagioni. Arrivò anche in Italia, e persino la Warner Bros scelse di omaggiarla nel 1983 con Daffy Duck e l’isola fantastica. Ovviamente il cartone animato di uno dei paperi più famosi di sempre non era un horror.
Adesso ci pensa la Blumhouse Production a mettere i brividi. Da Scappa – Get Out a Fantasy Island, la riflessione è sul crollo del modello capitalista. Nel film di Jordan Peele, il dominio psicologico nasceva dallo sfruttamento da parte dei bianchi delle persone di colore. L’economia affondava le radici nella discriminazione, e il terrore era il lucido riflesso di un Paese in piena crisi per l’elezione di Trump.
Fantasy Island prosegue il discorso. L’isola è l’America, il desiderio è figlio della volontà di accumulare, e dell’arroganza di poter intervenire sul passato attraverso il proprio benessere. Basta pagare o vincere un contest per essere re del mondo. Incontriamo il ragazzo che vorrebbe arruolarsi per servire la patria, i due fratelli che sognano di immergersi dentro a Project X – Una festa che spacca, l’imprenditore ancorato al proprio business per non perdere la sua ragione di vita, l’ex adolescente insoddisfatta che vorrebbe vendicarsi della bella della scuola…
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Al centro c’è il denaro, il potere del soldo declinato in tutte le sue forme. Ed è l’illusione del controllo che porta all’orrore. Sovvertire le regole, giocare con gli stereotipi, essere “politici” scardinando i canoni dell’entertainment, mescolare i generi saltando dai toni da sitcom al war movie: le ambizioni di Fantasy Island sono tante.
Nella prima parte il film funziona. L’ambiguità si fonde con il mistero, alcune sequenze virano dall’estetica alla Saw – L’enigmista fino alla commedia. Ma poi la storia abbraccia un percorso labirintico. Le vicende dei protagonisti s’ingarbugliano, s’intrecciano, mentre i colpi di scena si moltiplicano senza un filo conduttore. La retorica abbonda, con tanto di richiamo ai buoni sentimenti, e il regista Jeff Wadlow inserisce anche alcuni passaggi strappalacrime. Fantasy Island è costruito come un incubo a stanze, come era stato anche il poco riuscito Escape Room. Dietro le porte chiuse si nascondono panic room, luoghi di tortura, camere in fiamme e spiagge bellissime. L’atmosfera ludica ricorda Obbligo o verità (sempre di Wadlow), ma alla fine trionfa il politicamente corretto in un progetto che poteva volare molto più in alto.