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Fallen Leaves
Aki Kaurismäki è il cantore umanista e minimalista che apprezziamo da quarant’anni: l’opera prima Crime and Punishment - Delitto e castigo è del 1983. Per la quinta volta in Selezione ufficiale a Cannes, il regista, sceneggiatore e produttore finlandese sceglie per titolo e refrain una canzone di Prevért e Cosma consacrata da Yves Montand, Les feuilles mortes (Fallen Leaves, in originale Kuollet Lehdet), e continua a fare del suo cinema sguardo sul mondo, segnatamente sugli ultimi, i marginali, gli affaticati.
Lei (Alma Pöysti) e lui (Martti Suaosalo), senza nome per universalità, lei e lui, uniti dai licenziamenti, lei e lui, se c’è una possibilità. Non hanno conosciuto l’amore, lei piuttosto la rinuncia, lui la bottiglia, e provano a darsi una speranza, andando al cinema per suggellare un inizio: vedono e gradiscono I morti non muoiono, qui metafora sociologica, ma nell’analisi a caldo vengono stracciati da altri spettatori, che nello zombie-movie di Jim Jarmusch ravvisano Diario di un curato di campagna di Bresson e Bande à part di Godard.
Ci siamo capiti, l’ironia affina il film e lenisce, ci prova, l’amara realtà, che nella Helsinki contemporanea cadenzata dai giornali radio sulla guerra in Ucraina alloca un mercato del lavoro iniquo e vessatorio, tra contratti a zero ore, tutele inesistenti e ritorsioni quotidiane.
Prossimamente in sala con Lucky Red, il maestro senza cattedra del dittico Leningrad Cowboys, L’uomo senza passato e Miracolo a Le Havre conferma il modernariato poetico, le simmetrie chapliniane, la calma ma ferma tensione a una soddisfazione, giammai ricompensa, degli umiliati e offesi, vilipesi al lavoro e appesi alla vita – finché treno non ci provi a separare.
A lei piace lui, a lui piace lei, ma lui è alcolizzato e lei, che ha perso il padre e il fratello con il gomito alzato e la madre per il dolore conseguente, non se lo può permettere: riuscirà il nostro antieroe, che sul tema trova qualche continuità dietro la macchina da presa, a mollare la bottiglia e darsi a lei?
L’operaio sorpreso a bere viene licenziato in tronco, il padrone che risparmia sulla sicurezza non lo tocca alcuno, e parimenti i cibi scaduti non dovranno conoscere altra destinazione che il cassonetto, pena la perdita del lavoro: Aki presta il fianco, pure l’altra guancia, ma non è la sua resistenza passiva, conflittualità latente, piuttosto vita e pensiero consegnati al grande schermo con piena fiducia nelle sorti magnifiche e progressive della Settima Arte.
Non la panacea di tutti i mali, non la cosmesi alle brutture del mondo, ma la possibilità nel racconto cinematografico di cambiare una brutta Storia: Aki Kaurismäki ha un piano, meglio, un primo piano e molti altri.