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Fabbricante di lacrime
Figura a suo modo unica nel panorama editoriale italiano, Erin Doom è stata un incrocio tra E. L. James (Cinquanta sfumature nacque come fanfiction su Twilight così come Fabbricante di lacrime apparve su Wattpad, social di lettura sociale, dove fu letto da oltre 2 milioni di utenti), Federico Moccia (il trentenne figlio di Pipolo pubblicò Tre metri sopra il cielo a proprie spese, idem lei tramite Amazon), Elena Ferrante (inizialmente senza volto, nel maggio 2023 è apparsa a Che tempo che fa e rivelando il nome vero, Matilde, ma di cognome ed età non ci sono tracce). Il secondo dei suoi romanzi, Fabbricante di lacrime, è un teen drama dark romance, è esploso grazie a TikTok e ha venduto oltre mezzo milione di copie cartacee (grande mossa di Salani, casa editrice regina della letteratura per ragazzi e ragazze) oltre che milioni di e-book. Ed è un fenomeno fuori dall’ordinario in cui collimano generatori automatici di culto e proselitismo (la cultura dei fan, la pubblicazione indipendente, l’identità misteriosa).
Adattamento molto atteso, prodotto da Colorado con l’idea iniziale di portarlo in sala ma subito acquistato da Netflix che ne ha capito il potenziale internazionale (le reference sono esplicite: a parte Twilight, anche Fallen, Shadowhunters, The Vampire Diaries e le storie d’amore young adult come Beastly e After), Fabbricante di lacrime è una scelta acuta sul piano produttivo (per gli standard italiani almeno: parliamo di un genere che non ha una vera tradizione cinematografica e di un target, quello degli adolescenti, che al di là dei proclami non è proprio in cima ai pensieri dell’industry) e a livello distributivo (i dati lo dimostrano: domenica 7 aprile, tre giorni dopo l’uscita, è diventato il titolo più visto al mondo sulla piattaforma). Bravi tutti, peccato che il film sia a tratti improbabile, a partire dall’incredibile incipit con l’incidente che rende orfana la protagonista, Nica.
Ambientato in un anodino Minnesota da favola nera (ma le riprese si sono svelte tra Roma, Pescara e Ravenna, questo sì pura tradizione italiana), Fabbricante di lacrime – che deve il titolo alla leggenda che riguarda un misterioso artigiano, colpevole di aver forgiato tutte le paure e le angosce che abitano il cuore degli uomini – ritrova la diciasettenne Nica (Caterina Ferioli) all’appuntamento della vita: l’adozione dopo un decennio di orfanotrofio e l’incontro con Rigel, un altro orfano destinato a diventare suo fratello adottivo, una specie di angelo caduto, diafano e corvino, scaltro e ammaliante (Simone Baldasseroni aka Biondo, ex Amici e ormai più attore e modello). Schema inevitabile: prima si odiano, poi si riconoscono, infine si amano.
Diretto da Alessandro Genovesi (regista di casa Colorado decisamente più a suo agio nella commedia, benché tra i pochi a strizzare l’occhio al pubblico più giovane con i due 10 giorni senza…), Fabbricante di lacrime si allinea involontariamente all’origine del romanzo e sembra più la fanfiction che la versione autonoma e convincente di quel genere. Se nel lessico e nel fraseggio manca uno scarto tra pagina e cinema, con frasi e dialoghi che passano dai due media senza soluzione di continuità provocando un effetto accidentalmente comico, è nel tono che il film rivela tutta la sua inadeguatezza. Un teen romance senza tensione romantica, una sfilata di cliché in cui i personaggi sembrano stilizzati fino alla macchietta, un fumettone sopra le righe che si prende troppo sul serio. Nota di merito: la musica incessante di Andrea Farri.