È chiaro che a Krysztof Zanussi, oltre la religione propriamente detta, interessino lo spirito e i suoi limiti, cosa c’è oltre i nostri corpi e i nostri pensieri. La cosa più interessante di Eter, il suo nuovo film, è che queste riflessioni passino attraverso la materia, la fisica di quei corpi e la scienza.

 

Adattando il mito di Faust riletto da Goethe e ambientandolo nella Polonia della Prima Guerra Mondiale, il film racconta di uno scienziato che, condannato a morte, riesce a salvarsi facendo valere le proprie conoscenze mediche. Conoscenze delle quali finirà per abusare, diventando una sorta di mostro assetato di potere. Dramma bellico dal sottile ascendente fantastico, ma soprattutto riflessione filosofica sul senso umano della scienza e dei suoi eccessi, Eter (scritto dallo stesso Zanussi) è un’opera fredda, chirurgica come il suo protagonista e sgradevole come la sua ricerca concettuale.

 

Perché Zanussi anziché sondare la fede e il suo peso nell’animo umano come ha fatto di solito, ribalta l’approccio e se il fine è sempre quello di capire cosa c’è oltre la finitezza umana, il terreno della ricerca è diverso: la scienza, la sensazione di scoperta totale e quindi di potere assoluto che dà, i limiti della morale abbattuti dall’apparenza illimitata della scienza. Un terreno che permette a Zanussi una cupezza e una violenza rare nel suo cinema e che pure non diventano mai elementi di forza cinematografica: come se avesse un certo disagio nei confronti della materia, e ancor più nei confronti del suo protagonista, il regista sembra volerne restare fuori, ha a cuore il senso del film ma non il suo racconti, non i mezzi stilistici e narrativi per giungere a quel cuore.

 

E così Eter sembra ripiegare sul manicheismo, sui modi più semplici per arrivare al cuore del problema, facendo di un medico un mostro seriale e della sua passione per la scienza qualcosa di sulfureo. Certamente, non era nelle intenzioni di Zanussi, ma in tempi in cui l’odio anti-scientifico e anti-intellettuale porta a rinnegare la rotondità della Terra o l’efficacia dei vaccini, non dosare, sfumare e approfondire le posizioni che la propria opera prende sembra un pericolo ben maggiore di un film poco riuscito.