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Elysium
Poche storie: oggi per gli action sci-fi di gusto e senso ci sono in campo solo due nomi, Chris Nolan e Neill Blomkamp. Dopo l'ottimo District 9, il regista sudafricano trova Hollywood, un budget di oltre 100 milioni di dollari, le star Matt Damon e Jodie Foster e un'altra fantascienza distopica: Elysium.
Anno 2154, i poveri cristi sono tutti giù per Terra, mentre lassù qualcuno li odia: gli happy few risiedono nella stazione spaziale Elysium, con ville nel verde, robot per vigilantes, capsule mediche che curano ogni male e perfino ringiovaniscono. E' l'apogeo dell'apartheid, ma c'è chi a L.A. vorrebbe raccorciare le distanze: ex criminale, Max (Damon, tosto) s'è beccato una dose letale di radiazioni in fabbrica, l'unica salvezza è raggiungere una capsula, ma dovrà fare i conti col ministro della Difesa di Elysium (Foster) e il suo braccio armato (il Sharlto Copley di District 9, superbo) e contare sull'amore di una vita (Alice Braga), un amico (Diego Luna) e un boss (Wagner Moura). Dimenticate Man of Steel, Pacific Rim e compagnia brutta, questo è un altro pianeta: eccellenza tecnica, guerrilla style terrestre ed effetti stratosferici, senza perdere di vista il retroterra umano, con il dito che punta Elysium e gli occhi sulla nostra realtà qui e ora.
L'accesso alle cure mediche continuerà a discriminare tra ricchi e poveri, dividere tra chi può e chi no, ma Blomkamp non ha risposte di ingegneria sociale: in campo lungo, il ritorno al passato-presente sociopolitico, in primo piano il ritorno al futuro di uno sci-fi con i piedi piantati per Terra. Già, la Terra sovrappopolata, sperequata e prostrata, che il Max bambino ebbe in dono nel cammeo portafoto di una suora: il Paradiso può attendere, ma l'Inferno va lasciato, e anche Dante converrebbe.
Mago degli FX, sceneggiatore ancora perfettibile, Blomkamp dà una lezione di regia: sequenze action da antologia, soste uman(ist)e, nuove frontiere poetiche ed estetiche per i big budget hollywoodiani. Speriamo nel pubblico: Neill c'è, e alla grande.