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Elizabeth - The Golden Age
"Vi seguirei, se solo potessi". È racchiusa in questa frase, confessione di un potere che non può prescindere dal senso del dovere - riferita all'uomo che forse, finalmente, avrebbe potuto amare, il conquistatore dei mari Raleigh interpretato da Clive Owen - la contraddizione di un personaggio icona come Elisabetta I, regina sontuosamente interpretata da Cate Blanchett, tornata a vestirne i panni a distanza di quasi dieci anni. Secondo capitolo della trilogia sulla "regina vergine", ancora diretto da Shekhar Kapur, Elizabeth - The Golden Age ha aperto la sezione Première della Festa di Roma: luci e ombre sull'Impero d'Inghilterra - minacciato dalla congiura che Mary Stuart (Samantha Morton) sta organizzando per favorire l'attacco dell'Invincibile Armada del cattolicissimo Filippo II di Spagna (Jordi Molla) - si rifrangono attraverso lo schermo, illuminato dal talento di una Blanchett nuovamente straordinaria e allo stesso modo appesantito dall'incapacità di Kapur nel saper trattare, con lo stesso rigore di alcune scene in interni, le sequenze sulla carta più spettacolari dell'intero racconto, quelle della battaglia finale fra le due flotte. L'approssimarsi della guerra santa diventa lo strumento necessario con cui mettere a confronto l'aspetto intimo, privato di una sovrana chiamata a dover dimenticare se stessa - l'amore verso Raleigh, poi sposo della protetta Bess (Abbie Cornish) - per il bene dei "suoi figli", il popolo d'Inghilterra: ne emerge un ritratto forte, vigoroso e al tempo stesso credibile, magnificamente reso dalla performance della Blanchett, credibile e mai fuori luogo in ogni fotogramma. Tale contrapposizione, vissuta anche dai personaggi che popolano la quotidianità della regina - come il consigliere Francis Walsingham, nuovamente interpretato da Geoffrey Rush, al corrente dei piani di Mary Stuart e in attesa di poterla incastrare per poi giustiziarla - è il punto di forza dell'intero film, ancor più funzionale grazie al magistrale lavoro sui costumi e sulla volutamente ridondante, quasi operistica, colonna sonora: aspetto, quest'ultimo, che trova giustificazione nell'acme del finale, dove la tempesta che consentì agli inglesi di neutralizzare l'imbattibile flotta, con la regina sul picco di una scogliera ad osservare la scena, diventa suggestiva rappresentazione di quell'intervento divino che in molti associarono alla sovrana stessa.